BRUXELLES (awp/ats/ans) - Scatta l'offensiva Ue contro i contenuti illegali online. Il Digital Services Act obbligherà grandi piattaforme come Google, Facebook, X (l'ex Twitter) e TikTok a prendere provvedimenti per non rischiare multe milionarie, in base al principio che ciò che è illegale offline deve esserlo anche online.

Da venerdì entreranno in vigore tutta una serie di nuove regole per i 19 maggiori social network, piattaforme di acquisto e motori di ricerca, già individuati dalla riforma.

Giganti come Google, Microsoft e Apple, YouTube, Amazon, Facebook, TikTok, Instagram o X dovranno ad esempio fornire strumenti agli utenti per segnalare facilmente i contenuti illegali, dando la precedenza alle segnalazioni provenienti dai soggetti più autorevoli. Oppure i siti di e-commerce saranno tenuti a rintracciare i venditori, per limitare le frodi. E anche gli algoritmi di ricerca cambieranno all'insegna della trasparenza, consentendo anche di scegliere delle alternative.

La Dsa vieta anche pubblicità mirate a minori, basate su dati sensibili, e più in generale prevede multe fino al 6% del fatturato mondiale per le violazioni, con la messa al bando per i recidivi. Dal 25 agosto (giorno più giorno meno, in base all'iter di riforma) inizia comunque una nuova era nel web europeo. I grandi operatori dovranno adottare misure per mitigare i rischi e, se già implementate, presentare una relazione sugli effetti ottenuti, con responsabilità crescenti già previste.

Le grandi piattaforme come Google o Microsoft hanno già annunciato misure per adeguarsi. TikTok ha reso pubbliche le misure adottate. Amazon da parte sua ha depositato un ricorso al tribunale a Lussemburgo contestando di esser inclusa nell'elenco, al pari di Zalando. Nelle scorse ore Meta (Facebook e Instagram) ha fatto sapere che gli utenti potranno tornare a vedere i contenuti in ordine cronologico e non come proposto dall'algoritmo.

Da una rivoluzione digitale all'altra, è attesa tra poche settimane una relazione sull'esito della consultazione avviata dalla Commissione europea sul futuro della connettività e delle relative infrastrutture. Il nodo qui è la possibile 'tassa su internet', ovvero la richiesta ai fornitori di contenuti online di contribuire al costo della rete sostenuto sino ad oggi solo dagli operatori delle telecomunicazioni.