MILANO (Reuters) - Il gruppo Zegna si quoterà entro l'anno a New York attraverso una Spac varata da Investindustrial con una capitalizzazione di mercato attesa intorno ai 2,5 miliardi di dollari.

L'obiettivo, ha spiegato l'AD Gildo Zegna nel corso di una conferenza stampa, è rafforzare la leadership del marchio maschile nel mondo, sfruttando la visibilità offerta dalla borsa Usa e la presenza di un partner di lungo termine come Andrea Bonomi. Non è all'orizzonte invece alcun progetto di creare un polo del lusso italiano attraverso questo veicolo.

L'operazione, anticipata questa mattina dal Financial Times e dal Corriere, prevede che la famiglia Zegna mantenga una partecipazione pari al 62% del capitale, mentre Investindustrial e altri soci avranno l'11%. Il resto andrà sul mercato. L'Enterprise value stimato inzialmente per la casa di moda è pari a 3,2 miliardi di dollari, dice una nota.

La scelta della Spac Investindustrial Acquisition Corp, creata a fine 2020 dalla società di investimento di Andrea Bonomi e presieduta da Sergio Ermotti, ha cominciato ad emergere a gennaio, quando Zegna, Bonomi e Ermotti si sono incontrati per la prima volta. "Potevamo restare indipendenti altri 100 anni, ma questo è il momento perfetto", ha commentato Zegna, da un lato consapevole che il settore necessita oggi di grande supporto dopo la crisi Covid e dall'altro ottimista sulle possibilità di ripresa.

Secondo la nota, l'operazione dovrebbe generare proventi lordi per circa 880 milioni di dollari. Saranno utilizzati per crescere in Cina, dove il gruppo già fa il 35% del fatturato, negli Usa e nel digitale. In Cda siederanno tre membri della famiglia Zegna, Ermotti e Bonomi; tra gli altri anche l'ex Ad di Gucci Domenico De Sole e Michele Norsa, vicepresidente esecutivo di Ferragamo.

La sede resterà italiana, così come proseguirà il progetto di Zegna di ampliare il polo del tessile di alta gamma coltivato in questi anni con una serie di acquisizioni di storiche aziende familiari.

NESSUN PIANO PER POLO DEL LUSSO

Fondato nel 1910 dal nonno - omonimo - dell'attuale AD, il gruppo di Biella è nato come produttore di tessuti di lusso. Oggi è noto soprattutto come marchio di abbigliamento maschile, ma l'aspetto della produzione tessile non è mai stato abbandonato, anzi Zegna continua a essere fornitore di altri grandi brand internazionali.

Per quanto riguarda l'acquisto di altri marchi, invece, Zegna non ha al momento target nel mirino. "Il primo obiettivo è la crescita organica. Se mai arriverà un'altra acquisizione dovrà essere quella giusta", coerente con il DNA di Zegna, come è stata quella nel 2018 del brand Usa Thom Browne, aperto a una clientela più giovane e anche femminile.

Di sicuro, Zegna esclude di avere intenzione di costruire un conglomerato di marchi italiani, sul modello dei più grandi concorrenti francesi.

Nel 2021 il gruppo si aspetta di raggiungere ricavi in linea con il 2019, chiuso con un fatturato di 1,3 miliardi di euro.

L'emergenza sanitaria - che ha comportato per il lusso una crisi senza precedenti tra negozi chiusi e crollo del turismo - sta mettendo molte aziende familiari in Italia davanti alla necessità di trovare supporto finanziario per gestire il rilancio in un settore sempre più trainato dai consumi cinesi e dal digitale.

Etro ha raggiunto ieri un accordo per vender la maggioranza al fondo L Catterton, mentre Armani ha detto per la prima volta la scorsa primavera di non escludere un'alleanza con un altro gruppo italiano, anche non del settore moda. Secondo alcune fonti ci sarebbe stato un avvicinamento allo storico marchio da parte di Exor, senza che si sia trovata un'intesa. Exor ha smentito.

(Claudia Cristoferi, Silvia Aloisi, in redazione Stefano Bernabei)