In un momento in cui i chip non progrediscono più così rapidamente come in passato, la famosa legge di Moore, che prevedeva un raddoppio regolare della potenza dei processori, sta raggiungendo i suoi limiti e i progressi non derivano più solo dal “più piccolo, più veloce”. L'innovazione si sta ora spostando verso altri campi, più tecnici ma altrettanto cruciali. Prendiamo ad esempio la tecnologia CoWoS di TSMC: essa consente di impilare più componenti uno sopra l'altro, come mattoncini Lego di silicio, per guadagnare in velocità ed efficienza. Un altro esempio è l'ottica co-packaged di Broadcom, che integra direttamente connessioni in fibra ottica il più vicino possibile ai chip per accelerare lo scambio di dati.
Queste tecniche all'avanguardia rispondono alle enormi esigenze di calcolo dei modelli di IA attuali. Le aziende che le sviluppano si profilano come attori di primo piano per i chip del futuro. In questa corsa alle prestazioni, un tipo di memoria gioca un ruolo centrale: l'HBM, o High Bandwidth Memory. Molto veloce, è essenziale per alimentare i processori di IA senza rallentarli. Tutti i giganti del settore si stanno affrettando ad adottarla, ma non tutti sono ancora riusciti a trasformare il tentativo in un successo. Mentre SK Hynix e Micron hanno già ottenuto il via libera da Nvidia per la loro nuova generazione di HBM, Samsung è ancora ferma.
Samsung, un attore di secondo piano
L'azienda ha pubblicato questa settimana i suoi risultati: in linea con le aspettative, con un aumento dell'1,2% dell'utile operativo rispetto al primo trimestre del 2024. Niente di entusiasmante. Il mercato, dal canto suo, non è soddisfatto. L'aumento delle vendite di smartphone, sostenuto dall'anticipo dei dazi doganali, non è bastato a ridare slancio al titolo, che rimane ai livelli più bassi degli ultimi quattro anni.
Ma il punto su cui Samsung era davvero attesa al varco era la sua attività nel settore delle memorie, in particolare nella tecnologia HBM, oggi indispensabile per l'IA. Il segmento è in calo del 17% rispetto al quarto trimestre 2024 e in aumento del 9% su base annua. Nel frattempo, i suoi due principali concorrenti, SK Hynix e Micron, hanno già ottenuto la certificazione dei loro HBM3E da Nvidia. Samsung, invece, è ancora in attesa. Il risultato: SK Hynix ha visto il suo utile operativo salire del 158% in un anno. In altre parole, Samsung è in ritardo.
Un segmento sotto pressione
Oltre alla concorrenza, il segmento della memoria è minacciato dai dazi doganali statunitensi. Donald Trump prevede un aumento del 25% delle tariffe per la Corea del Sud. E non è tutto: persiste il rischio di sanzioni mirate sugli smartphone o sui chip di memoria.
Un altro tema scottante riguarda la Cina. Samsung vende dal 20 al 30% dei suoi chip HBM a imprese cinesi, tra cui Huawei. Ufficialmente, la tecnologia HBM è proibita nell'Impero di Mezzo. Tuttavia, esistono stratagemmi per aggirare il divieto. Le aziende cinesi acquistano dispositivi "puliti", che includono chip a basso costo insieme a moduli HBM, per poi dissaldarli e recuperare la memoria. Una pratica nota e per ora tollerata. Se Washington decidesse di inasprire le regole, Samsung potrebbe rimetterci qualche piuma.