MILANO (MF-NW)--A che punto è la notte del motore endotermico?

L'alba scoccherà nel 2035, come ratificato dai ministri Ue dell'Energia, allora i motori a scoppio alimentati a benzina e diesel si fermeranno per lasciare il posto, nei cofani, a quelli a batteria. Le case automobilistiche, tra non pochi mugugni e prese di posizione critiche, si stanno adeguando. Renault ha annunciato lo scorporo dei business della propulsione elettrica, Stellantis ha aggiornato il piano strategico al 2030 prevedendo oltre 75 modelli a energia verde, Volkswagen stanzierà 122 miliardi per la transizione e prevede per il 2025 un modello a batteria ogni cinque venduti nel mondo. E questo solo per restare nel Vecchio continente.

Queste però sono le dichiarazioni dei costruttori, cioè di chi fa l'offerta. Parole che incoraggiano, se si guarda alla tagliola del 2035. Se invece si sposta lo sguardo sulla domanda, in particolar modo italiana, l'ottimismo cede alla preoccupazione. La diffusione delle auto elettriche, infatti, si legge su L'Economia del Corriere della Sera, continua a crescere dappertutto a livello internazionale, talvolta superando i piani di sviluppo degli operatori. Ma lo stesso non si può dire per il nostro Paese, che nel 2022 ha registrato un deciso rallentamento delle immatricolazioni (-15% rispetto al 2021) e anche nel primo semestre del 2023 non mostra quel cambio di passo necessario in vista dell'obiettivo al rialzo previsto dal nuovo Piano per l'energia e il clima (6,6 milioni di auto circolanti al 2030, contro i precedenti 6 milioni, e una progressiva riduzione dei veicoli tradizionali).

Secondo i nuovi dati dell'Osservatorio Smart Mobility del Politecnico di Milano, a livello internazionale il mercato delle "passenger car elettriche" è molto cresciuto nel 2022. L'incremento maggiore si è verificato in Cina (+82% rispetto al 2021), poi negli Stati Uniti (+51%) e in Europa (+15%), dove il numero complessivo di vetture a batteria (Bev) e plug.in ibride (Phev) ha visto un tasso di aumento medio annuale del 70% dal 2018 al 2022, facendo passare la percentuale di immatricolazioni elettriche, sul totale, dal 2,5% al 22,9% in quattro anni (trend destinato a confermarsi nel 2023). Al contrario, in Italia non si arriva nemmeno al 9%.

A guidare la crescita nel 2022, in cifra assoluta, Germania (oltre 820.000 unità), Regno Unito (quasi 370.000) e Francia (330.000), in percentuale invece Norvegia (quasi il 90% delle nuove immatricolazioni sono elettriche), Svezia (56%) e Danimarca (39%). "Gli operatori del settore hanno puntato e tuttora puntano forte su questo trend - osserva Simone Franzò, responsabile dell'Osservatorio Smart Mobility dell'ateneo milanese -. Il punto di caduta su cui l'Italia atterrerà nei prossimi anni dipenderà in primo luogo dalla capacità del policy maker, comunitario e nazionale, di disegnare un contesto normativo favorevole, ma anche dal contributo che verrà dagli acquirenti, chiamati a cambiare le loro abitudini di utilizzo di un veicolo".

A proposito di punto d'atterraggio, un altro lato della corsa italiana ai veicoli a nuova energia riguarda l'alimentazione. Dal monitoraggio trimestrale di Motus-E, al 30 settembre risultavano presenti lungo la Penisola 47.228 punti di ricarica a uso pubblico, con un incremento del 44,1% rispetto ai 32.776 registrati nello stesso mese del 2022. Nel trimestre luglio-settembre 2023 sono state messi a terra 2.018 nuove colonnine, che portano l'installato totale dei nove mesi a quota 10.456, livello più alto mai osservato nel periodo. Da segnalare anche l'accelerazione della rete di ricarica sulle autostrade, dove si registra, sempre al 30 settembre, la presenza di 851 paline (+541 rispetto a un anno fa), distribuite in quasi un terzo delle aree di servizio italiane. Circa l'80% ha una potenza maggiore di 43 kW e il 59% supera i 150 kW.

"Sulle infrastrutture di ricarica il Sistema Paese sta andando nella direzione giusta, pur non senza difficoltà - osserva il segretario generale di Motus-E, Francesco Naso -, è il mercato dell'auto che è rimasto pericolosamente indietro, ma possiamo ancora recuperare terreno impiegando in modo più efficace le risorse già stanziate per gli incentivi: alzando il cap di prezzo per accedere alle agevolazioni, estendendoli in forma integrale ad aziende e noleggi e rivedendo in chiave green la fiscalità sulle flotte, utilizzando gli avanzi, specialmente sui plug-in, dei bonus del 2022 e del 2023".

L'attenzione è ora tutta concentrata sul piano che il ministro delle Imprese Adolfo Urso sta redigendo con Stellantis, Anfia e sindacati - anche se questi ultimi si sono dimostrati molto critici sui primi passi abbozzati - e che dovrebbe portare l'Italia a sfornare un milione di vetture. Il governo aveva ribadito la disponibilità a concedere una piattaforma che agevoli Stellantis e che si basa sulle risorse del fondo automotive (6 miliardi) e su quelle del piano Transizione 5.0 (4 miliardi), per impianti di rinnovabili ai fini dell'autoconsumo di impresa (2 miliardi) e per la Sabatini green (320 milioni).

Se questi sono gli incentivi per la produzione, i tecnici del ministro fanno capire che dovranno essere rivisti anche quelli per l'acquisto di auto a nuova energia (2 miliardi sono già stati attinti dal fondo automotive). Anche qui si corre contro il tempo: l'auspicio è concludere per Natale. Per Fim Fiom Uilm Fismic UglM AqcfR, il problema è l'investimento in nuove tecnologie che si porta dietro il nodo della riconversione e della tutela dell'occupazione. Le prime crepe infatti si sono viste con la vertenza Marelli a Crevalcore (Bologna): 239 posti a rischio in uno stabilimento che produce collettori di aspirazione aria e pressofusi di alluminio per auto a combustione e perde sette milioni all'anno.

cos


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November 06, 2023 03:45 ET (08:45 GMT)