BASILEA (awp/ats) - Gli elevati prezzi agricoli spingono i contadini a proteggere le colture e fra i beneficiari figura Syngenta: nel terzo trimestre le vendite del colosso agrochimico (svizzero, ma in mani cinesi) sono salite a 7,9 miliardi di dollari (7,8 miliardi di franchi), il 20% in più dello stesso periodo del 2021.

La crescita è comunque rallentata rispetto al +24% del secondo trimestre e in un comunicato odierno il gruppo - che comprende la svizzera Syngenta, l'israeliana Adama e le attività agricole della cinese SinoChem - parla di un "contesto macroeconomico che sta diventando più difficile".

L'utile operativo a livello Ebitda (cioè prima di interessi, imposte, svalutazioni e ammortamenti) si è attestato a 1,0 miliardi di dollari, in progressione del 24%. Anche in questo caso l'incremento è minore di quello - pari al +39% - osservato nel periodo aprile-giugno.

Allargando lo sguardo ai primi nove mesi dell'anno, il conglomerato mette a referto ricavi per 25,9 miliardi di dollari (+24% su base annua) e un Ebitda di 4,6 miliardi (+30%).

Syngenta è nata nel 2000 dalla fusione delle divisioni agrochimiche dei giganti farmaceutici AstraZeneca e Novartis. Ha sede a Basilea e ha decine di migliaia di dipendenti attivi in oltre 100 nazioni. Un tempo quotata alla borsa svizzera, l'impresa è stata rilevata nel 2017 dal gigante cinese ChemChina per 43 miliardi di dollari. Due anni prima la società renana aveva respinto un tentativo di acquisizione da parte dell'americana Monsanto, che è stata in seguito inghiottita dalla tedesca Bayer.

Nel frattempo Syngenta punta a un nuovo sbarco in borsa, questa volta a Shanghai: potrebbe avvenire ancora nel corso di quest'anno. In un secondo tempo la società potrebbe poi fare capolino di nuovo anche a Zurigo. La dirigenza punta al momento a portare sul mercato il 20% del capitale azionario, cosa che dovrebbe permettere di incamerare circa 10 miliardi di dollari.