ROMA (MF-DJ)--"Il sostegno istituzionale è una garanzia straordinaria per il futuro della acciaieria». Così Lucia Morselli, amministratore delegato di Acciaierie d'Italia (già ArcelorMittal Italia) commenta il grande supporto che il governo, guidato da Giorgia Meloni, ha voluto dare all'ex Ilva, uno dei dossier più caldi che il nuovo esecutivo ha dovuto affrontare. Modenese, classe 1956, Lucia Morselli preferisce far parlare i fatti ma la prima battuta di questa intervista a Milano Finanza è proprio dedicata agli aiuti ricevuti dall'esecutivo, guidato per la prima volta in Italia da una donna.

La sua carriera l'ha portata ai vertici di aziende italiane e straniere molto prima che arrivassero le «quote rosa», una normativa che non condivide perché ritiene che la parità non possa essere raggiunta con una legge. Laurea in matematica, passione che coltiva fin da bambina, ha attraversato trasversalmente tutti i settori produttivi: dall'alta tecnologia di Finmeccanica all'industria televisiva nella NewsCorp, in Stream e Telepiù. Dalla consulenza e advisory in Accenture, Wef e Tatò & Partners, all'IT e telecomunicazioni in StMicroelectronics, Telecom Italia e Tecnosistemi. Dall'energia in Snam, al mondo dei servizi in Sisal a quello degli investimenti in Cassa Depositi e Prestiti e De Agostini. Fino ai colossi del luxury, come EssilorLuxottica nel settore eyewear, e alle grandi industrie della siderurgia come gli Acciai Speciali di Terni, Berco, Acciaitalia e ora Acciaierie d'Italia. Da qui il soprannome di Lady d'acciaio.

Domanda. In Italia stiamo assistendo a un cambio di passo storico. Una donna, giovane e di destra Giorgia Meloni, è diventata premier, mentre a sinistra per la prima volta sarà una donna, Elly Schlein, a guidare il Partico Democratico. Cosa pensa di questo nuovo percorso che il Paese sembra avere intrapreso?

Risposta. Sono felice che il primo ministro e il leader di un grande partito siano persone di valore. Questo testimonia la maturità della nazione.

D. Lei è diventata amministratore delegato di Telepiù nel 1995 quando le donne ai vertici delle società erano davvero poche e la legge Golfo-Mosca non era stata approvata (sarebbe arrivata solo nel 2011, ndr). Che giudizio dà di questa legge?

R. Questa previsione normativa non la condivido. La parità si vive, si insegna, si testimonia. Imporla è una sconfitta.

D. Le donne sono ormai oltre il 41% nei cda delle società quotate, mentre le amministratrici delegate sono solo il 2%. Nella maggior parte dei casi ricoprono il ruolo di presidente. Come mai?

R. Diventare executive è il risultato di un percorso manageriale interno alle aziende. Qui non ci sono quote rosa e la crescita di executive al femminile non avviene. Così le donne non acquisiscono la preparazione necessaria a diventare amministratore delegato.

D. Se domani la legge Golfo-Mosca venisse abrogata il sistema si richiuderebbe?

R. Viste le scelte politiche che ha fatto credo che la nazione sia molto più matura dei comitati nomine delle varie società. Penso che senza la legge Golfo Mosca ci sarebbe un contraccolpo. La prassi maschile di carriera interna al management si ripropagherebbe alla composizione dei consigli.

D. Oltre all'ex Ilva, lei è stata nei cda di realtà come Atlantia e Tim dove lo Stato è entrato nelle vicende aziendali in maniera molto invasiva. Ma in Italia in 10 anni abbiamo avuto 7 governi e 6 presidenti del Consiglio. Questo valzer di poltrone a Palazzo Chigi finisce per penalizzare la strategia dei manager di Stato?

R. Si ricomincia sempre da capo. Come è giusto che sia per condividere le azioni. E si beneficia di nuovi contributi e nuove idee.

Ma naturalmente molto viene rimesso in discussione e si subisce un inevitabile rallentamento.

D. Lei ha detto che nei colloqui, oltre naturalmente al curriculum, guarda le scarpe del candidato perché «se non sono comode di certo non farà strada perché non tiene i piedi per terra». Come si trova a lavorare con le donne?

R. Questa frase sulle scarpe non è mia. É una frase di Cesare Romiti in cui mi sono riconosciuta. In ogni caso la comodità è soggettiva. Non sono i tacchi che contano, conta che chi li porta ci si trovi a suo agio. Donne o uomini con cui lavorare non fa differenza. La differenza la fa solo la qualità delle persone.

D. Nel 2014, agli Acciai Speciali Terni, andò personalmente a chiedere di smontare i picchetti che impedivano il transito delle merci per poi restare 16 ore «sequestrata».

Gesto che ha provato a ripetere a Taranto lo scorso maggio ma con esiti differenti. Cosa l'ha spinta a quel gesto?

R. Sono due episodi diversissimi. In entrambi i casi ci sono state contestazioni ma in entrambi i casi era importante per me essere lì con gli operai, sentire le loro richieste. Un amministratore delegato non si deve nascondere, non deve evitare le critiche più aspre, deve avere la forza di confrontarsi. Per quanto riguarda le 16 ore di Terni ho sperato che nessuno si facesse male e così è stato per fortuna.

D. Le attribuiscono l'aggettivo di «talebana», si riconosce? Se potesse descriversi con tre aggettivi quali sceglierebbe?

R. Se talebano significa integralista no, non mi ci vedo. Sono una persona molto diretta che usa pochi aggettivi. Mi piace decidere.

Mi piace rispondere che significa che mi piacciono le responsabilità.

E mi piace molto la complessità.

D. Da Rupert Murdoch alla famiglia Mittal. Lei ha rappresentato gli investitori stranieri in Italia. Qual è oggi la percezione che hanno del nostro Paese?

R. Murdoch, Mittal, Thyssen sono tutti investitori stranieri che in Italia hanno scelto management italiano. Mi sembra un grosso riconoscimento per la nazione e una grande fiducia nel Paese. In questo momento di rinnovamento e riforme, la politica di governo e di opposizione deve costruire un sistema-Paese chiaro e leggibile. Gli investitori amano le regole ed il loro rispetto.

D. L'ex Ilva ha ricevuto un grande sostegno dal governo in carica, si può dire che ora l'acciaieria è in sicurezza e pronta a ripartire?

R. Il sostegno istituzionale è una garanzia straordinaria per il futuro della acciaieria.

D. Dove si vede tra 5 anni?

R. Se immaginassi dove essere fra cinque anni porrei dei limiti al mio futuro. Ma so che ovunque potrò essere mi porterò sempre in tasca i miei due manuali di vita: la storia di Enzo Ferrari e la relatività di Albert Einstein.

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0610:10 mar 2023


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