ROMA (MF-DJ)--"Stavo nelle cripto ma ora sono interessato all'Intelligenza Artificiale", ha twittato Elon Musk lo scorso 4 marzo. Tra virgolette, è una citazione, non è il suo pensiero. Il ceo di Tesla e SpaceX si trasforma in un Ennio Flaiano della Silicon Valley e si prende gioco delle mode dei nerd e di chi si atteggia a tale. Resta il fatto che ha colto il sentiment del momento: le cripto sono roba vecchia, tutto l'hype è per l'AI. Non per niente negli ultimi sette giorni il Bitcoin ha perso il 12,4%, scendendo sotto quota 20.000 dollari (nella serata di venerdì 10 cercava senza troppo convinzione di riagganciare questo livello).

Ed ecco emergere il dubbio: Elon è sempre ironico, ma se anche lui pensasse davvero che le cripto sono ormai oggetti da antiquariato? In fondo da tempo non twitta a loro favore. Certo, scrive MF-Milano Finanza, passare il tempo a fare l'esegesi dei tweet di Musk mentre sembra crollare tutto per l'ennesima volta è un chiaro segno di disperazione. Negli ultimi giorni il settore cripto, la cui capitalizzazione è tornata sotto i 1.000 miliardi di dollari, ha subito nuovi durissimi colpi. Quello più duro è stata la chiusura di Silvergate, nata come banca tradizionale e che nel 2014 ha cominciato a focalizzare il suo business sulle cripto.

La sua funzione principale era quella di fare da ponte tra il mondo cripto e la finanza tradizionale. Per comprare bitcoin in un exchange si depositavano dollari in un conto di Silvergate, quando si vendeva per tornare in valuta fiat il tutto avveniva ancora tramite la banca californiana. Come ha spiegato Marcus Thielen, capo della ricerca di Matrixport, "senza la capacità di incanalare la valuta fiat nel mondo delle criptovalute, queste ultime sembrano più uno stagno tranquillo che una fontana scintillante di innovazione". Secondo Clara Medalie, direttrice della ricerca di Kaiko, la messa in liquidazione di Silvergate rischia di riportare il mondo cripto "a prima del 2017, quando l'industria faticava ad avere relazioni con le banche" con la conseguenza che "gli investitori istituzionali avranno più difficoltà a immettere capitali nei mercati delle criptovalute, il che potrebbe avere un impatto più ampio sulla liquidità e sull'efficienza di questo settore". Insomma, qualcuno negli Stati Uniti deve prendere al più presto il posto di Silvergate.

Secondo un report di JPMorgan, firmato Nikolaos Panigirtzoglou, "sostituire questa rete istantanea per l'elaborazione di depositi e prelievi in dollari tra i partecipanti al mercato delle criptovalute sarà una sfida ardua a causa della "generale riluttanza delle banche tradizionali a impegnarsi con le società di criptovalute dopo il crollo di Ftx e viste le elevate pressioni" sul fronte della regolamentazione. Per Panigirtzoglou, è inevitabile che almeno alcuni dei servizi di pagamento e custodia forniti fino a ieri da Silvergate migrino verso altre banche come Signature Bank, Provident Bancorp, Metropolitan Commercial Bank e Customers Bancorp. Alcuni ex clienti di Silvergate stanno migrando a Signature Bank, ma la sua capacità di sostituire Silvergate, sottolinea il report di JPMorgan, sarebbe probabilmente limitata a causa della pressione del mercato e delle normative per ridurre i rischi legati alle criptovalute.

Non a caso Signature Bank ha già reso noto di voler ridurre la sua dipendenza dai depositi dei clienti di asset digitali. Secondo JPMorgan, quindi, l'ingresso di nuovi istituti di deposito sembra al momento improbabile, a causa dell'accresciuto controllo normativo sui rischi delle criptovalute. Non per niente nei giorni scorsi la stessa JPMorgan ha deciso di tagliare i rapporti con Gemini, la borsa di criptovalute dei gemelli Cameron e Tyler Winklevoss scottata dal fallimento di Genesis.

La stretta regolatrice è in pieno corso negli Stati Uniti. Ne è un esempio la mossa del Dipartimento di Giustizia Usa e della Sec, che hanno presentato ricorso in appello contro la decisione del tribunale fallimentare di New York di dare il via libera all'acquisizione per 1 miliardo di dollari degli asset di Voyager Digital, banca cripto finita in bancarotta, da parte di Binance US, la branca statunitense di Binance, la borsa di criptovalute più grande del mondo. Mentre il presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, ha ammonito che "le istituzioni finanziarie regolamentate dovrebbero essere piuttosto caute nell'agire nello spazio cripto" visti i fallimenti e le truffe che hanno scosso il settore nell'ultimo anno.

Insomma, sembra proprio di capire che negli Stati Uniti ci sia il rischio che le banche tradizionali taglino i ponti col settore. Una situazione, osserva il report di JPMorgan, che "non lascia molte opzioni agli investitori istituzionali di criptovalute negli Stati Uniti, in particolare per i partecipanti al mercato più piccoli e meno affermati, che potrebbero cercare servizi bancari in Europa o altrove". Ma se gli Stati Uniti soffocassero davvero il settore cripto, dove si potrebbe emigrare? Ci sarebbe El Salvador, il primo Stato al mondo ad adottare il bitcoin come valuta legale. Ma è un Paese fragile, che Washington può spazzare via in un attimo.

Alternative? Un filo di speranza arriva dalla notizia che Alameda Research, il braccio di investimento di Ftx, la borsa cripto Usa fallita lo scorso novembre, ha concluso un accordo da 45 milioni di dollari in contanti per vendere la sua partecipazione in Sequoia Capital al fondo sovrano di Abu Dhabi. Sia chiaro, il settore cripto è solo una piccola parte degli investimenti di Sequoia. E per Abu Dhabi 45 milioni di dollari sono noccioline. Però è vero che gli Emirati Arabi Uniti, in particolare Dubai, non nascondono l'ambizione di diventare un cripto hub. Se davvero Washington decidesse di farla finita con il bitcoin, il sogno potrebbe diventare realtà.

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1309:20 mar 2023


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March 13, 2023 04:22 ET (08:22 GMT)