MILANO (MF-DJ)--Sarà un anno di svolta per Prelios. Il turnaround partito nel 2017 è stato completato. La crescita ha superato le stime per cinque anni di fila e ora si apre una nuova fase. Nel 2022 la società di credit servicing e servizi integrati per il real estate controllata dal fondo Davidson Kempner pensa alla quotazione e a rafforzarsi con operazioni straordinarie nel mondo della tecnologia. L'anno scorso si è chiuso con ebitda di 125 milioni (erano 106 nel 2020), un fatturato di 270 milioni e un rapporto tra margine operativo lordo e debito inferiore a 2. Intervistato a «Ceo Talks» di Class Cnbc (video milanofinanza.it), l'amministratore delegato Riccardo Serrini ha tracciato la rotta per i prossimi mesi.

D. Da dove arriva la crescita dell'anno passato e che segnali arrivano da gennaio?

R. Nel 2021 è andato molto forte il settore degli utp, sebbene sia stata positiva anche la parte immobiliare. Abbiamo aggiunto 6 miliardi agli asset under management, che al momento ammontano a circa 40 miliardi. Ci rasserena il fatto che la crescita è stata omogenea, con flussi di cassa prevedibili nel tempo perché basati su contratti a lungo termine. Non siamo investitori diretti ma cosiddetti «capital light». È un fattore importante perché ci dà tranquillità per la crescita futura.

D. Secondo i dati dell'Abi, da ottobre i crediti deteriorati hanno ripreso a crescere. Vi aspettate una nuova ondata di utp nei prossimi mesi, complice l'effetto Omicron sull'economia?

R. Se osserviamo i cosiddetti stage 2 bancari, ovvero quei finanziamenti che rimangono nella classificazione «performing» ma vengono comunque considerati a rischio elevato, vediamo che nel 2021 sono cresciuti del 23% a 219 miliardi di euro. È naturale che da questo elenco qualcosa scivolerà nel mondo degli npe e il primo step sono proprio gli utp, ovvero i crediti concessi ad aziende che - pur ancora in vita - non riescono più a far fronte ai rimborsi. Abbiamo da tempo previsioni che segnano il livello potenziale intorno a 100 miliardi di euro come effetto del riacutizzarsi della pandemia.

D. Il mondo bancario avrà difficoltà a gestirli, soprattutto alla luce dei nuovi criteri del calendar provisioning. E tante aziende rischiano di uscirne male...

R. Il calendar provisioning spinge a effettuare accantonamenti continui e le banche sono chiamate a decidere se è più conveniente avviare operazioni di cessione oppure no. Il regolatore vuole che le banche svolgano attività core, con cui raccolgono per poi impiegare. Un'attività di management del mondo distressed è più adatta a un profilo industriale.

D. Nel caso degli npl le garanzie pubbliche hanno costituito un elemento chiave per sbloccare il mercato. Pensate servano Gacs anche per gli utp?

R. Penso proprio di sì. Le Gacs hanno fatto ripartire un mercato che era fermo da nove anni, ma al momento sono focalizzate esclusivamente sugli npl. Io penso che verranno estese anche agli utp; lo vedremo a giugno, quando scadranno.

D. Sono in scadenza anche le moratorie. Dal mondo bancario arrivano appelli a una proroga...

R. In questo caso si tratta di aiuti dati alle aziende «performing» e per quanto riguarda Prelios - che interviene più in una fase di «Pronto Soccorso» - incidono molto poco. Penso che una gestione professionale imponga che, se un'azienda ha un piano industriale solido per superare la crisi, le moratorie vadano concesse non per legge ma come prassi professionale o di buon padre di famiglia. Però c'è anche da considerare che ci sono realtà fuori dal mercato non solo per la pandemia e che non potranno ottenere questo tipo di sostegni sine die.

D. L'immobiliare è ripartito ma in maniera differenziata in base ai segmenti. L'inflazione farà di nuovo volare il mattone?

R. Sicuramente il 2022 sarà un anno particolarmente favorevole per questo mercato. Il rialzo dei tassi, che sta per arrivare, avrà impatto sul mercato azionario, costringendo gli investitori a un'asset allocation diversa, su settori alternativi. Lo vediamo già dai flussi di investimento che arrivano e che sono arrivati negli ultimi sei mesi. Noi lavoriamo esclusivamente con investitori istituzionali, che sono tradizionalmente focalizzati sulle asset class commerciali. Di queste, al momento, quella principale è la logistica, dove operiamo attraverso quattro piattaforme, e abbiamo investito un miliardo di euro. In questo comparto abbiamo oltre un milione di metri quadri di progetti in evoluzione, ma stiamo partendo anche con una piattaforma di sviluppi residenziali, perché ora gli istituzionali stanno guardando anche la casa come progetto a medio-lungo termine.

D. Che cosa dicono dell'Italia oggi gli investitori internazionali con cui lavorate?

R. Siamo tornati a essere molto di moda, anche perché l'effetto Draghi ha contribuito a far capire agli investitori esteri che siamo comunque un Paese con una certa stabilità. Senza contare che l'Italia sconta anche un rendimento di circa mezzo punto in più rispetto a Francia o Germania e gli investitori quando capiscono che non si riverbera sul rischio veicolano flussi importanti in questa direzione.

D. A che punto siete su MilanoSesto?

R. Si tratta del più grande progetto di rigenerazione urbana in Europa: 3,5 miliardi di investimenti complessivi. Per tanti anni è rimasto bloccato, soprattutto dal lato della convenienza di mercato. Ma con le nuove prospettive sui prezzi ripartono anche i motori del progetto. Anche grazie all'ingresso di due investitori importanti come Hines e la Kuwait Investment Authority.

D. Il fondo Davidson Kempner, che vi controlla dal 2017, pensa da tempo alla valorizzazione, anche attraverso la quotazione. Sarà l'anno giusto?

R. Sono decisioni che lascio al mio azionista, che finora ha fatto un ottimo lavoro. Ovviamente dopo quattro anni di «investment period» non possiamo nascondere che pensino a un'attività d'uscita e valorizzazione. Veniamo da cinque anni di crescita che ci sono sembrati incredibili: siamo partiti da un ebitda di 7 milioni nel 2017 per arrivare al risultato attuale. Per quanto ci riguarda posso dire che noi continueremo a crescere e a cercare il posizionamento migliore.

D. Anche attraverso acquisizioni? Il dossier Tinexta è definitivamente chiuso?

R. Sì, perché loro non sono interessati. Ma per quanto ci riguarda il processo di digitalizzazione del credit management e del real estate prosegue. Se si trovassero opportunità per accelerare, penseremmo molto volentieri ad alleanze o operazioni di m&a in tutti i settori ancillari alla nostra attività corporate con forte connotato tecnologico, utili a rafforzare digitalizzazione e data management.

fch


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January 24, 2022 02:45 ET (07:45 GMT)