MILANO (MF-DJ)--Alitalia, Aspi, Unicredit e Orcel. Fabrizio Palenzona, presidente di Aiscat e di Assaeroporti ed ex vicepresidente Unicredit è un fiume in piena mentre commenta gli eventi più recenti della cronaca economica.

Domanda. L'Italia tra recovery plan, e difficoltà economica, come giudica la situazione?

Risposta. I miracoli non li fa nessuno. Il paese ha avuto la forza e la capacità, anche grazie al Presidente della Repubblica, di far insediare il miglior governo possibile guidato dal miglior premier possibile. Ma le scorie e le tossine della demagogia non possono disperdersi in un attimo.

D. Per Draghi ha senso sostenere le aziende che hanno un futuro. E' d'accordo?

R. Sono convinto vada distinta la questione sociale da quella produttiva. Sostenere le famiglie in crisi ha senso. Ma se una società non è in grado di competere, insistere nel salvataggio è la cosa peggiore che possa capitare.

D. Pensa ad Alitalia?

R. Certo, non c'è dubbio ma ci sono anche altre realtà che nel nome della difesa dell'occupazione sono state tenute in vita. Alitalia non può reggere alla competizione mondiale come compagnia a sé stante. L'unica possibilità è aderire a un network, e l'unico che a mio avviso abbia senso industriale è quello di Lufthansa.

D. Ha senso che un governo sia anche azionista delle società?

R. Lo Stato non può essere un soggetto che salva società in crisi. Lo Stato francese ha molte partecipazioni, ma in società efficienti, non in carrozzoni come potenzialmente rischia di diventare Alitalia.

D. Veniamo ad Autostrade per l'Italia. Ha senso che lo Stato la controlli?

R. Ha senso che entri, io avrei evitato di preoccuparmi del controllo, ma questo è un ragionamento che si intreccia con quello iniziale che facevo sulla demagogia.

D. Si spieghi meglio

R. E' accaduta una tragedia, non ci sono dubbi. E dobbiamo rispetto sia alla giustizia sia alle vittime. Totale rispetto. Ma c'è bisogno di fare ragionamenti logici e lucidi, non demagogici. Portare rispetto significa anche questo. Gli investimenti sulle reti autostradali sono concordati tra concessionario e concedente. Il concedente, cioè il ministero dei Trasporti, ha anche il compito di vigilare sulla loro realizzazione. Pertanto, non esiste la possibilità per un concessionario di fare diversamente in termini di manutenzioni e investimenti.

D. Cosa sta dicendo?

R. Che se un governo dice «non sono state fatte le adeguate manutenzioni» sta dando la colpa a se stesso e questo nessuno ha il coraggio di dirlo. Badi bene che non sto dicendo che quindi un concessionario è scusato a priori, ma solo che ognuno deve assumersi le sue responsabilità.

D. Il tema le sta a cuore?

R. E' un atteggiamento che non mi piace, perché non è serio, e non è serio nemmeno nei confronti delle vittime. Andare a vedere e contestare le responsabilità e verificare cosa non ha funzionato è doveroso. Ma non ha senso cavalcare la demagogia e dare per forza la colpa ai Benetton. E poi mi scusi, la famiglia ha mai gestito direttamente le società, da Atlantia in giù? Non mi risulta. Sono sempre stati chiamati a gestire le aziende manager esterni. Non ha senso che oggi, che si sta trattando la cessione di Aspi, si invochi l'interesse del mercato, ma problemi e colpe invece facciano capo ai Benetton.

D. Qual è il suo giudizio sulla famiglia?

R. Conosco bene Adr. Prima che arrivassero Edizione dei Benetton e Atlantia dopo, c'erano azionisti che distribuivano dividendi anche se la società doveva sostenere importanti piani di investimento. Successivamente invece per 5 anni Edizione e Atlantia hanno sostenuto gli investimenti anche in assenza di un quadro regolatorio certo, senza staccare cedole e consentendo quindi alla società di rinforzarsi. Il risultato è che oggi Fiumicino è uno dei migliori aeroporti del mondo..

D. Torniamo ad Aspi.

R. Vogliamo rivedere le concessioni? Benissimo. Ma guardi che l'Europa aveva fatto un grande lavoro sulle concessioni. Invece il ministro Toninelli da un lato non si è accorto che le gallerie avevano dei problemi perché lo Stato non aveva fatto il suo lavoro, e dall'altro non ha attuato la normativa Ue, lasciandola a marcire in un cassetto.

D. Torniamo alla domanda sullo Stato in Aspi.

R. Che il governo sia azionista è legittimo, ma che ne detenga il controllo a mio parere non ha alcun senso.

D. Arrivati a questo punto si può tornare indietro?

R. Io parlavo in linea di principio, ha più senso un presidio di governance che il controllo. Dopodiché auspico dopo un anno e mezzo che Atlantia e il consorzio guidato da Cdp possano trovare un punto di caduta nell'interesse di tutti, azionisti e società e che ciò possa essere l'inizio di una ripartenza per una società come Aspi che negli ultimi 18 mesi ha rivoluzionato manager, piani industriali, quantità di investimenti e standard di sicurezza. Adesso sarei molto felice se la società potesse esprimere questa potenzialità.

D. In settimana è arrivata la manifestazione di interesse da parte di Perez. Come la giudica?

R. Cdp ha fatto il suo dovere su input del governo e ha fatto uno sforzo che giudico positivo. Non ho elementi per esprimere un'opinione sulla proposta presentata da Perez.

D. Non posso non farle una domanda su Unicredit e sulle polemiche relative al compenso del futuro ceo Andrea Orcel. Lei è stato a lungo un influente vicepresidente dell'istituto di credito ed è noto che conosca Orcel personalmente, cosa ne pensa?

R. La cosa che mi imbarazza di più è che la banca non abbia sentito il dovere di precisare le ragioni in base alle quali ha deciso di proporre questo contratto a Orcel.

D. Quali sono queste basi?

R. Sono certo che il contratto sia aderente alle politiche sulle remunerazioni attualmente in vigore e introdotte da un'assemblea precedente e approvate con il 90% dei voti favorevoli.

D. Quindi come si spiega le critiche o il silenzio della banca?

R. Il mio timore è che ci sia chi si sta preoccupando più dei cambiamenti che implicherà l'arrivo di Orcel che del bene dell'istituto. Anche perché, da quello che leggo, il nuovo ad sembra abbia rinunciato a un compenso tra 25-30 milioni per i 22,5 che prenderebbe in tre anni a Unicredit.

D. Cosa vuole dire?

R. Ci saranno anche manager pagati meno di lui, ma da quello che leggo è tutto in linea col mercato. E nel caso di Orcel parliamo di un mercato mondiale. Posso aggiungere che l'esperienza in Unicredit rappresenta per lui l'opportunità di dimostrare di essere bravo anche alla guida di una grande banca retail, peraltro pagato meno di quanto sarebbe stato in altri contesti. Senza fare demagogia, in una banca le politiche di remunerazione non riguardano soltanto il ceo ma tutta una linea di manager e nel caso di Unicredit, parliamo di manager che operano a livello internazionale.

D. A questo punto cosa prevede?

R. Auspico che l'assemblea di Unicredit, che sono certo riconoscerà con ampio consenso il valore del nuovo ad, comprenda anche l'opportunità di politiche di remunerazione adeguate agli standard internazionali e alle sfide globali che Unicredit dovrà affrontare. In sostanza, La ritengo una polemica innestata per ragioni che nulla hanno a che vedere con il bene della banca e del Paese.

D. Anche del Paese?

R. Sì, perché l'Italia ha estremamente bisogno di un'altra grande banca. Un'economia strutturata come l'Italia non può avere un solo grande gruppo bancario. E un istituto d'eccellenza come Intesa Sanpaolo ha bisogno di un grande competitor, capace di stare sul mercato anche a livello sistemico.

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April 12, 2021 02:53 ET (06:53 GMT)