ROMA (MF-DJ)--La trattativa fra Invitalia e ArcelorMittal sul rilancio di Acciaierie d'Italia, la ex Ilva, non è ancora entrata nel vivo eppure le posizioni di partenza sono distanti. Lo scrive Il Messaggero aggiungendo che il gruppo industriale leader mondiale dell'acciaio, con sede in Lussemburgo, non ritiene praticabile la ricapitalizzazione prevista dal governo con il decreto Aiuti bis dei primi di agosto che stanzia fino a 1 miliardo: l'iniezione di liquidità necessaria anche per fronteggiare il caro-gas potrà avvenire solo attraverso un finanziamento-soci al posto del versamento di equity voluto dal premier Mario Draghi e che rappresenta l'opzione 1 rispetto all'alternativa di altri strumenti finanziari cui comunque fa riferimento il provvedimento.

Anche perché, si fa notare, lo stabilimento siderurgico va bene dal punto di vista industriale, meno da quello finanziario sostanzialmente per due motivi: la bolletta energetica quintuplicata in sei mesi e l'inerzia dello Stato rispetto agli impegni assunti nel contratto del 2020. All'epoca fu siglato l'accordo con il quale ArcelorMittal Italy Holding srl, socio unico in azioni A, aprì a Invitalia il capitale di Acciaierie d'Italia Holding, controllante di Acciaierie d'Italia spa con una quota del 38% (azioni C) e un'opzione a salire al 60% entro maggio scorso, termine prorogato di due anni al 2024 per il mancato dissequestro dell'area a caldo dello stabilimento di Taranto.

In quell'accordo, eseguito nella primavera 2021 mediante una ricapitalizzazione da 400 milioni, era previsto a carico dello Stato il versamento di circa 800 milioni di incentivi e di 750 milioni di finanziamenti Sace, di cui sono stati erogati solo 250 milioni. In tarda primavera è stata messa in cantiere presso Unicredit, banca capofila, la predisposizione di una linea di 500 milioni sempre con garanzia Sace che è rimasta nei file delle banche. Non essendo arrivate queste risorse, le difficoltà finanziarie non si sono fatte attendere anche perché, si fa notare, con il capitale non si possono finanziare gli investimenti ambientali, industriali e il circolante. Unica soluzione praticabile sarebbe il finanziamento-soci per fare da fronting all'aumento di capitale, in parte attraverso la trasformazione in equity da realizzarsi a valle del dissequestro e confisca dell'area a caldo dello stabilimento pugliese. Secondo il socio privato servono soldi e l'avvio della decarbonizzazione, senza considerare le conseguenze catastrofiche del caro-bolletta: basti dire che se sei mesi fa la bolletta dell'ex Ilva cubava 16 milioni di euro, a giugno è balzata a 70 milioni, saliti a 80 milioni a luglio. Una cifra che crescerà ancora e non di poco visto che ieri il gas è balzato a quasi 300 euro.

Questo è lo scenario che si apre a pochi giorni dall'avvio del tavolo negoziale fra Invitalia e socio privato, con alle spalle il governo uscente che però ha tra le sue priorità l'Ilva. Avendo previsto un assegno da 1 miliardo, evidentemente l'obiettivo del governo è la nazionalizzazione dell'acciaio, tornando a una tempistica accelerata, nonostante la proroga a maggio 2024 del rimpasto.

Draghi pensa di rompere gli indugi in quanto Acciaierie d'Italia è il fornitore principale di tutto il sistema industriale italiano e un suo stato di allerta diventa un'emergenza nazionale. A questo si aggiungano i risvolti socio-occupazionali: Taranto dà lavoro a 8mila dipendenti, 12mila con l'indotto. Nel decreto dei primi di agosto sulle Misure urgenti per il sostegno alla siderurgia si autorizza Invitalia a sottoscrivere aumenti di capitale o in alternativa un finanziamento in conto aumento di capitale. Sono gli attrezzi sistemati nella cassetta in dotazione al nuovo ceo dell'Agenzia pubblica Bernardo Mattarella.

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2309:24 ago 2022


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