ROMA (MF-DJ)--Unicredit sta per chiudere il secondo buyback dell'anno. Il programma di riacquisti da un miliardo approvato dall'assemblea di settembre dovrebbe arrivare in porto questa settimana. Considerando anche la precedente operazione da 1,6 miliardi varata a maggio, nel 2023 la banca guidata da Andrea Orcel ha riacquistato oltre l'11% del proprio capitale per un controvalore complessivo di oltre 2,4 miliardi.

Un obiettivo, scrive Milano Finanza, non scontato in una fase di profonda incertezza sul fronte macroeconomico e regolatorio. Se già lo scorso 18 novembre il programma aveva messo a segno riacquisti per 881 milioni, le ultime transazioni hanno alzato ulteriormente l'asticella a quota 955 milioni, portandola così molto vicino al tetto concordato in estate con la Bce. I programmi di riacquisto costituiscono una componente essenziale del piano industriale che lo scorso dicembre Orcel ha presentato agli investitori. La strategia prevedeva infatti una remunerazione totale di almeno 16 miliardi totali per il periodo 2021-2024, una novità per azionisti che sono rimasti a lungo a dieta: solo quest' anno tra dividendi e buyback la banca ha distribuito infatti ben 3,75 miliardi. Con i riacquisti d'altra parte Unicredit ha voluto affrontare il periodo di forte volatilità seguito all'invasione dell'Ucraina e al progressivo avvitamento del ciclo economico. Una scelta condivisa con molte altre società quotate a livello internazionale che nell'ultimo anno hanno fatto ampio ricorso allo strumento del buyback.

Oltre a essere un segnale di fiducia nelle prospettive di medio termine, i programmi sono infatti lo strumento ideale per aumentare il valore delle azioni che, di fatti, dai minimi di maggio a oggi hanno guadagnato il 40%. Per gli istituti di credito però il tema resta delicato. Con l'inasprirsi del quadro congiunturale infatti la Bce ha messo sotto osservazione le politiche di remunerazione. Giovedì 10 novembre il responsabile della Vigilanza di Francoforte Andrea Enria è stato molto chiaro: le banche devono riconsiderare le loro previsioni sui livelli patrimoniali e le loro policy di distribuzione di dividendi o buyback sulla base di uno scenario previsionale che consideri una possibile recessione, o un blocco alle forniture di gas dalla Russia. Il numero uno della Vigilanza è stato comunque molto chiaro nell'escludere uno stop ai dividendi come quello varato in via eccezionale nel 2020: «Ho detto varie volte, e lo ripeto, che quella era una situazione straordinaria». Al di là delle dichiarazioni quello che molti banchieri si aspettano è una stretta sui requisiti di capitale che spinga implicitamente le banche a essere meno generose con gli azionisti.

Unicredit e le altre grandi banche rispondono ricordando che il 2022 è stato un anno di grandi soddisfazioni per il settore europeo. La risalita dei tassi di interesse e il contenuto impatto del rallentamento economico sugli attivi hanno spinto al rialzo ricavi e profitti, mentre le dotazioni di capitale si mantengono mediamente robuste. Per Piazza Gae Aulenti per esempio il Cet1 è al 15,41%. Queste obiezioni non riducono però l'alea di incertezza e, sebbene Unicredit si appresti a chiudere uno dei bilanci più solidi degli ultimi anni, gli investitori preferiscono non sbilanciarsi sulle remunerazioni del 2023. Orcel comunque continua a mandare messaggi di ottimismo al mercato: «Per troppo tempo Unicredit ha performato al di sotto delle aspettative. Noi le abbiamo permesso di liberare il suo enorme potenziale», ha spiegato ieri il banchiere a Class Cnbc.

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2909:43 nov 2022


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