ROMA (MF-DJ)--Anche per Andrea Orcel è arrivato il midterm. Nominato dall'assemblea nella primavera del 2021, il ceo di Unicredit ha oggi alle spalle metà del proprio mandato. Come accade per i presidenti americani, anche per lui è tempo di sondare il grado di consenso intorno alle scelte fatte sinora. Conclusa la seconda tranche di buy back, il test decisivo sarà il bilancio del 2022. Non solo perché per Orcel il 2022 è stato il primo esercizio completo da ceo, ma anche perché i conti saranno approvati a poco più di un anno di distanza dal rinnovo del 2024.

A sentire analisti e investitori, scrive MF-Milano Finanza, le aspettative sono ottimistiche. Secondo il consensus i ricavi dovrebbero salire dai 18 miliardi dello scorso anno a oltre 19,6 miliardi, con profitti per quasi 5 miliardi. Con la presentazione dei risultati del terzo trimestre peraltro l'istituto aveva alzato le previsioni di fine esercizio senza Russia, prevedendo ricavi superiori a 17,4 miliardi e un utile netto superiore a 4,8 miliardi. Se queste previsioni fossero confermate, si tratterebbe di uno dei bilanci migliori di sempre per Unicredit. A favore della banca del resto oggi giocano diversi fattori, a partire dal rapido rialzo dei tassi di interesse. La svolta nella politica monetaria ha già iniziato a far correre il margine di interesse, rimasto depresso per un decennio.

Un vantaggio che Orcel ha scelto di sfruttare a fondo, grazie a una drastica rivitalizzazione della rete commerciale italiana, affidata a Remo Taricani. Per ora del resto gli effetti della frenata economica non si sono trasferiti sulla qualità dell'attivo, rallentando il credito e zavorrando i conti economici delle banche. Il momento è insomma ideale per fare profitti e remunerare generosamente gli azionisti. Già nel 2022 peraltro Unicredit è stata assai munifica: tra dividendi e buy back (riacquisti per oltre l'11% del capitale) la banca ha distribuito 3,75 miliardi, un settimo della propria capitalizzazione.

L'ottimismo è giustificato? Per la verità i motivi di incertezza non mancano. Il ciclo economico si sta deteriorando e le aspettative degli operatori economici sono sempre meno rosee. Al punto che la Vigilanza della Bce non manca di raccomandare prudenza ai gruppi bancari. "Se i tassi di interesse più alti e i margini sui tassi stanno sostenendo la redditività delle banche in questa fase, possono anche intaccare la capacità degli utenti che hanno fatto elevato ricorso alla leva finanziaria di restituire i loro debiti", ha avvertito il numero uno della Vigilanza Andrea Enria nella sua ultima audizione al Parlamento europeo. "Le banche devono prepararsi per il potenziale impatto avverso negativo del contesto di incertezza delle loro attività. Il nuovo contesto di rischi giustifica alcuni aggiustamenti nel nostro approccio di vigilanza", ha rincarato Enria. Nei prossimi mesi insomma gli avvertimenti della Bce potrebbero tradursi in richieste aggiuntive capitale, in grado di rallentare dividendi e buyback.

C'è poi il fronte russo. Finora Unicredit (presente in Russia con quattromila dipendenti e 70 filiali) ha ridimensionato la propria total cross border exposure del 50% a 3,1 miliardi e ha tagliato la local exposure di un ulteriore 30% in valuta locale. La Bce però sta chiedendo alle banche sforzi ulteriori che arrivino a neutralizzare il rischio verso Mosca. Una richiesta ragionevole? Dipende. Grazie al rally del rublo, il mercato russo finora si è rivelato più profittevole del previsto. Per Unicredit ad esempio grazie all'effetto valuta nel terzo trimestre la Russia ha portato 340 milioni di profitti, mentre nei nove mesi i ricavi sono cresciuti dell'85% a 905 milioni rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.

Le cassandre però potrebbero venire smentite dai fatti. In tal caso a brindare sarebbero gli azionisti. All'arrivo di Orcel, il titolo Unicredit quotava in area 8,5 euro. L'invasione dell'Ucraina ha cancellato il rally dei primi mesi di mandato e solo dal maggio scorso il prezzo ha ricominciato a salire. Grazie ai due buyback e agli eccellenti risultati trimestrali, in poco più di un semestre il rialzo è stato di oltre il 40%.

Se il trend venisse confermato, la notizia sarebbe molto positiva per i soci e anche naturalmente per l'amministratore delegato. Occorre infatti ricordare che, come accade per molti top manager bancari, i due terzi dello stipendio di Orcel sono pagati in azioni Unicredit al raggiungimento di precisi obiettivi strategici. Ma la salita del titolo sarebbe preziosa anche per un'altra ragione: aumenterebbe il peso negoziale della banca nel negoziato per un'integrazione. Fonti vicine a piazza Gae Aulenti confermano che l'obiettivo numero uno dell'amministratore delegato rimane una grande operazione di m&a. La strada però non è in discesa. Un ritorno sul dossier Banco Bpm potrebbe essere favorito da alcuni azionisti, ma si sconterebbe con lo scoglio del socio francese Credit Agricole che sta progressivamente consolidando i propri legami finanziari e industriali con il gruppo italiano. L'ostacolo sulla via di Montepaschi rimane invece il vertice del ministero dell'Economia, che controlla la banca senese al 64%, mentre un target transfrontaliero (sia esso Commerzbank o Credit Suisse) sarebbe notevolmente complesso sia sul fronte regolamentare sia su quello politico. Tutti temi oggi dibattuti al vertice di Unicredit dove il confronto tra l'amministratore delegato, il presidente Pier Carlo Padoan, il vice presidente Lamberto Andreotti e gli altri consiglieri è intenso.

C'è insomma più di una ragione per aspettarsi che, con già 18 mesi di mandato alle spalle, il 2023 possa essere l'anno chiave per l'Unicredit di Orcel.

red

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0509:04 dic 2022


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December 05, 2022 03:05 ET (08:05 GMT)