ROMA (MF-DJ)--Vola in Borsa il titolo Tim (ieri +4,6% a 0,26 euro) sulle ipotesi che per essere accettata da Vivendi, primo socio dell'ex monopolista, l'offerta del consorzio guidato da Cdp sulla Netco debba essere più alta di 24 miliardi, cifra ritenuta mediana fra le valutazioni di partenza di Cassa e di Parigi.

Il negoziato al tavolo del governo sulla Rete nazionale, scrive il Messaggero, è quindi fermo anche se tra metà e fine febbraio potrebbe esserci un'accelerazione con la presentazione dell'offerta non vincolante. Resta alto l'interesse del mercato sulle strategie di Tim che ha da poco collocato con successo il bond da 800 milioni anche sull'aggiornamento del piano 2023-2025 che verrà presentato al cda del 14 febbraio assieme ai conti 2022. A proposito del piano, secondo quanto risulta al Messaggero tre sono i driver su cui si muoverà il gruppo guidato da Pietro Labriola nel prossimo triennio, naturalmente in formato stand alone, cioè senza l'operazione straordinaria sulla Rete. Su questi pilastri si sarebbe concentrata anche l'attenzione dei consiglieri che avrebbero stimolato Labriola con richieste di affinamenti e puntualizzazioni.

Primo driver è il debito che da sempre rappresenta la zavorra ereditata da Tim dalla storica scalata da 100 mila miliardi di lire. Nel 2021 l'incumbent aveva 25 miliardi di debiti netti e, secondo le stime degli analisti, a fine 2022 potrebbe scendere a quota 20. E il nuovo piano vedrebbe una riduzione progressiva dell'esposizione che a fine 2025 potrebbe ridursi molto al di sotto di 15 miliardi. Naturalmente il calo delle passività deve essere sostenibile rispetto al mantenimento di un buon profilo del flusso di cassa, che rappresenta il secondo driver dell'aggiornamento del piano. Infine terzo e ultimo pilastro, perché costituisce la strada per la crescita non solo dei ricavi, la concentrazione sul core business che è la parte tipica del retail, cioè la vendita di prodotti multimediali e tecnologici: cloud (Noovle), cybersecurity (Telsy), Iot (Olivetti) e connettività (Tim Enterprise), vale a dire tutti i segmenti diversi dall'infrastruttura di rete. Si diceva che il piano è in un'ottica stand alone anche se in caso di sdoppiamento in due a seguito dello scorporo funzionale alla vendita di Netco alla cordata Cdp o di scissione proporzionale con la nascita di due telco quotate, le indicazioni strategiche del prossimo triennio potrebbero offrire a Tim chance di recupero.

La scissione proporzionale è gradita a Vivendi perché consentirebbe alla stessa di dismettere la propria quota nella rete risultante dalla scissione e potrebbe avvantaggiare lo Stato che, invece di comprare il 100% della rete, potrebbe avere un esborso molto più limitato. La scissione, però non piace a Cdp, in quanto i fondi alleati di Cassa (Macquarie e Kkr) non potrebbero acquisire titoli quotati preferendo semmai quotare la società in una fase successiva. Con la scissione e la conversione delle risparmio in ordinarie, le quote nelle due telco scenderebbero da 23,7 a 17,7% (Vivendi) e da 9,9 a 7,9% (Cdp). Il vero nodo del negoziato sarà dunque il prezzo. Ufficialmente Vivendi resta ferma su una valutazione di 31 miliardi anche se è evidente che, come in tutte le trattative, la mediazione dovrebbe essere più in basso e comunque la cordata Cdp non ha intenzione di pagare un prezzo così alto.

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3108:25 gen 2023


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January 31, 2023 02:25 ET (07:25 GMT)