BERLINO (awp/ats/ans) - La truffa più clamorosa che si sia verificata in Germania dal 1945 è da oggi di nuovo sotto i riflettori: si è avviato a Monaco di Baviera, infatti, il processo sul caso Wirecard, il gruppo di pagamenti digitali che fallì due anni e mezzo fa, dopo che era venuto fuori un buco di bilancio irreparabile. Fra gli imputati ci sono l'ex CEO Markus Braun, che finora ha negato le accuse, e altri due top manager della company, un tempo quotata al Dax.

Il tribunale di Monaco 2 ha disposto oltre 100 giornate di udienze fino al 2024, quando dovrebbe arrivare il giudizio. Cinquantatré anni, di origine austriaca, ingegnere informatico, Braun risponde di truffa, manipolazione di mercato, abuso aggravato della fiducia e di avere messo su una banda di truffatori. Oggi ha preso la parola soltanto per confermare i propri dati personali, in un'aula bunker del carcere di Stadelheim del capoluogo bavarese.

La prima giornata dei lavori è stata prevalentemente dedicata alla lettura dell'atto di accusa: un fascicolo di circa 90 pagine. Nel merito della questione - una truffa ai danni dei creditori di 3,1 miliardi - Braun dovrebbe pronunciarsi invece la settimana prossima, all'udienza fissata lunedì. Il principale indiziato del processo contesta da sempre le accuse, affermando di essere stato a sua volta vittima della banda di truffatori, di cui secondo la procura avrebbe invece fatto parte. Co-imputati sono l'ex responsabile della contabilità, Stephan von Effra, e Oliver Bellenhaus, ex dirigente della filiale di Wirecard a Dubai. Il difensore di quest'ultimo ha dichiarato però che il suo cliente intende dare piena collaborazione ai lavori del processo.

Fondato nel 1999, il gruppo Wirecard era fra i colossi Fintech tedeschi del Dax dal 2018. I problemi iniziarono però già l'anno dopo, quando il Financial Times pubblicò un dettagliato articolo, in cui metteva in guardia dall'irregolarità dei conti dell'azienda. Braun invece aveva sempre negato che vi fossero perfino problemi di bilancio. Fino al clamoroso fallimento, nel 2020, quando fu reso pubblico un buco da 1,9 miliardi di euro. Per mesi la stampa fu piena di articoli su dove fossero finiti quei soldi, tuttora irreperibili. E sulla figura dell'ex responsabile vendite del gruppo, Jan Marsalek, coinvolto nella truffa e dileguatosi nel nulla.