I volumi diminuiscono drasticamente – calo del 5,4% nel primo semestre rispetto all'anno precedente - mentre la crescita del fatturato, che riflette l'aumento dei prezzi, tiene a malapena il passo dell'inflazione.

Heineken, che realizza due terzi del suo fatturato consolidato nei mercati emergenti, sta sentendo il peso dell'inflazione. La situazione appare particolarmente complicata in Asia-Pacifico, dove l'utile operativo è sceso del 34,4%.

Il mercato ha condannato questi risultati, ma non ha rivisto le sue aspettative a lungo termine, che nel complesso rimangono ottimistiche. Gli analisti prevedono un fatturato di quasi 35 miliardi di euro entro il 2025, in contrasto con i risultati storici di crescita di Heineken, con una media del 4,5% annuo nell'ultimo decennio.

Negli ultimi cinque anni, il free cash flow ha raggiunto i 4,1 euro per azione. Si tratta di un miglioramento significativo rispetto ai cinque anni precedenti, quando gli utili in contanti per azione erano in media di 3,3 euro.

La scommessa di Heineken sui mercati emergenti ha dato frutti relativamente buoni, mentre la redditività del ciclo rimane a livelli soddisfacenti. Nell'ultimo decennio, il gruppo ha generato profitti per 21 miliardi di euro, distribuendone esattamente la metà agli azionisti sotto forma di dividendi.

Non è facile, tuttavia, individuare un margine di sicurezza nella valutazione attuale che si avvicina a 22 volte l'utile medio in contanti per azione degli ultimi cinque anni, nonostante i multipli di valutazione siano inferiori alla media decennale. Per essere tranquilli con l'attuale prezzo dell'azione, bisognerebbe essere completamente d'accordo con le proiezioni degli analisti.

Due anni fa, per la cronaca, le selezioni quantitative di MarketScreener evidenziavano il profilo molto più interessante di MolsonCoors, focalizzata sul mercato nordamericano e valutata all'epoca meno di dieci volte gli utili. Da allora la valutazione ha recuperato in modo significativo, cancellando il margine di sicurezza.