ROMA (MF-DJ)--Le tecnologie fintech si diffondono nell'industria finanziaria italiana. La spesa in tecnologie fintech per il biennio 2021-2022, spiega Banca d'Italia, ammonta a 530 milioni di euro ed è in crescita rispetto al biennio precedente (456 milioni di euro). Rispetto alla precedente rilevazione è aumentato il numero degli intermediari investitori (da 77 a 96 unitá) e dei progetti (da 267 a 329), suggerendo un maggior tasso di adozione di tecnologie innovative all'interno del sistema finanziario. A partire dal 2023 e fino alla messa in produzione, i progetti censiti comporteranno ulteriori spese per 281 milioni di euro. A rallentare o impedire gli investimenti hanno pesato sia fattori di ordine economico quali l'insufficiente domanda attesa per i prodotti e i servizi generati dagli investimenti, il costo finanziario dell'investimento, il reperimento del personale sia fattori di ordine tecnologico, come la scarsa interoperabilità tra vecchi e nuovi sistemi, la complessità nel controllo dei rischi per la sicurezza informatica.

La spesa resta distribuita su un limitato numero di intermediari, in ulteriore concentrazione rispetto alla precedente rilevazione: il peso dei primi 10 investitori è infatti aumentato di circa 5 punti percentuali, all'84,7%. Il contesto risulta tuttavia diversificato e in evoluzione: tra i primi dieci investitori figurano banche di piccole e medie dimensioni e intermediari creditizi non bancari; soltanto tre intermediari sono presenti in questa particolare graduatoria in entrambe le ultime due rilevazioni; si osserva, inoltre, un apprezzabile aumento della scala dell'investimento. Se si considera il biennio 2019-2020, la spesa fintech del sistema bancario ha rappresentato il 3,1% della spesa per l'acquisto di software, hardware e impianti tecnologici. Nel precedente biennio era stata pari all'1,5%.

Alcuni intermediari hanno sviluppato un modello di investimento, che, accanto all'investimento produttivo, prevede la partecipazione diretta in imprese fintech: il valore di queste partecipazioni ammonta a 204 milioni di euro ed è riferibile a 28 intermediari. Quattro quinti dei progetti sono sviluppati con la collaborazione di societá e istituzioni terze oppure affidando ad esse l'intero ciclo di realizzazione del progetto. Il ricorso alle collaborazioni, precisa via Nazionale, risponde principalmente all'esigenza degli intermediari di assicurarsi tecnologie avanzate altrimenti non disponibili al proprio interno e di accelerare i tempi di realizzazione dei progetti, riducendo il time to market. Gli accordi di partnership sono 330 e sono riferibili a 199 imprese, di cui circa i due terzi con sede legale in Italia. I rapporti tra imprese e intermediari sono quasi sempre esclusivi: solo poche imprese hanno instaurato rapporti di collaborazione con piú di un intermediario.

Quanto alle aree di business, si distinguono per numerositá dei progetti e risorse assorbite quelli rivolti alle innovazioni per l'erogazione del credito e i pagamenti digitali (in particolare, quelli per il mobile banking, il digital lending e i servizi connessi con l'open banking). Sono numerosi anche i progetti per l'innovazione dei processi delle business operations e della governance, per quanto significativamente inferiori sotto il profilo delle risorse investite. Il peso dei progetti per l'innovazione dei servizi di investimento e assicurativi resta contenuto sia in termini di progetti avviati che di spesa.

In merito alle tecnologie, è rimasto elevato il peso degli investimenti in interfacce applicative e infrastrutture tecnologiche (Api), che rappresentano il 58% della spesa. Si sono inoltre consolidati i progetti basati sulla biometria, legata prevalentemente alle procedure di onboarding, e sulla Robot Process Automation (Rpa), nei progetti riguardanti le business operations e la governance. I progetti fondati sull'intelligenza artificiale (Ai), comprendenti il Machine Learning (ML) e il Natural Language Processing (NLP), pur riducendosi di numero, sono cresciuti in termini di spesa, trainati principalmente dalle applicazioni per il digital lending.

Sui rischi, gli intermediari ritengono che i progetti lascerebbero pressochè invariati quelli strategici, di credito e di mercato; i maggiori effetti sono attesi per quelli operativi. La crescente automazione dei processi e l'irrobustimento dei controlli sulle frodi e sulle violazioni delle normative dovrebbe migliorare i profili legali e reputazionali. Per contro, forme di investimento basate sulla collaborazione con societá terze o sviluppati in outsourcing, potrebbero generare controversie legali non sufficientemente disciplinate dai contratti tra i diversi operatori coinvolti nell'erogazione di un servizio tecnologicamente innovativo.

Poco più di un quarto dei progetti censiti presuppone lo sviluppo di attività che ricadono nel perimetro dell'open banking. Questi progetti, nel biennio 2019-2020 hanno generato flussi di cassa in uscita e in entrata rispettivamente pari a 202 e 97 milioni; a partire dal 2021, a fronte di un profilo degli investimenti relativamente costante, è attesa una sensibile accelerazione dei flussi in entrata. La progressiva digitalizzazione dei servizi bancari e finanziari, ha orientato i processi dell'antiriciclaggio verso tecnologie che permettono l'adeguata verifica a distanza attraverso le identità digitali, i certificati di firma digitale, la biometria. Resta limitata la diffusione di soluzioni basate sull'intelligenza artificiale per la profilatura del rischio della clientela e il monitoraggio delle transazioni sospette.

I destinatari delle innovazioni sono costituiti in oltre la metà dei casi dalle famiglie consumatrici e in un quarto dalle imprese. È atteso un miglioramento della customer experience grazie alla dematerializzazione della documentazione, alla firma digitale, agli strumenti di assistenza automatica; più in generale le interazioni con la clientela dovrebbero beneficiare degli investimenti per migliorare la navigabilità delle app e dei siti internet.

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November 22, 2021 09:01 ET (14:01 GMT)