ROMA (MF-DJ)--Nel 2021, grazie alle misure straordinarie di sostegno alla liquidità delle imprese, il tasso di deterioramento dei prestiti si è mantenuto su livelli particolarmente bassi. Nel 2022, con la fine dei sostegni pubblici, il tasso di deterioramento delle imprese è atteso in rialzo di 1,7 punti percentuali, al 3,8% (dal 2,1%), raggiungendo il livello più alto dal 2016, quando era pari al 4,3%. L'aumento del tasso di deterioramento dei crediti dovrebbe essere comunque temporaneo e rientrare già a partire dal 2023 quando dovrebbe attestarsi al 3,3%. Un livello più elevato rispetto al pre-Covid (2,9% nel 2019), ma su livelli ampiamente distanti dai picchi raggiunti nel 2012 (7,5%). Sono le principali sull'evoluzione dei crediti deteriorati delle imprese contenute nell'outlook Abi-Cerved. Le previsioni sono esposte a rischi al ribasso nel caso in cui un peggioramento della pandemia o un eccessiva impennata dell'inflazione freni la ripresa. I dati mostrano comunque che il rischio di credito, "seppur in crescita, è gestibile e atteso restare significativamente inferiore a quanto sperimentato in passato. Tuttavia, finchè permarrá l'attuale fase di forte incertezza, è cruciale che non si interrompano gli interventi a sostegno delle imprese", ha affermato Giovanni Sabatini, d.g. dell'Abi.

Il sostegno pubblico è stato fondamentale nel 2021. Nonostante l'impatto della pandemia, i flussi di nuovi crediti deteriorati si sono mantenuti sui minimi storici -al 2,1%- "principalmente" grazie alla proroga delle misure straordinarie, come la moratoria sui debiti e le garanzie pubbliche sui nuovi prestiti, che hanno assicurato la tenuta del sistema produttivo impedendo un aumento dei default e della rischiosità del credito. La prosecuzione del trend di discesa dello stock di crediti deteriorati accumulati dalle banche italiane è stato inoltre favorito da operazioni di cessione di portafogli di Npl. A settembre 2021, lo stock di crediti deteriorati lordi ha toccato quota 92 mld (in calo del 26,1% su base annua), un dato pari a un quarto del valore raggiunto alla fine del 2015 (360 mld). Le sofferenze lorde si sono ridotte a ritmi più intensi, attestandosi a quota 43 mld (-32,2%), mentre gli altri crediti deteriorati ammontano a circa 48 mld (-20,0%) di cui 44 mld sono inadempienze probabili (-20,1%) e 4 mld corrispondono ad esposizioni scadute (-18,9%). L'ammontare complessivo degli Npl espresso in termini netti, escludendo quindi le perdite giá contabilizzate dalle banche, si collocherebbe su valori intorno a 44 miliardi, in calo di circa il 25%

su base annua e di quasi l'80% rispetto al picco di fine 2015 (186 mld).

Nel biennio 2022-2023, in assenza di una proroga delle misure di

sostegno, i nuovi crediti in default delle imprese torneranno a crescere,

per effetto degli impatti generati dalla pandemia sul nostro sistema

produttivo. L'aumento interesserà tutte le classi dimensionali. Le microimprese faranno registrare l'incremento dei tassi piú pronunciato

nel 2022 (dal 2,2% al 4,0%), con un calo nell'anno successivo che le

porterá al 3,6%, risultando al termine del periodo di previsione la

classe dimensionale con il maggior divario rispetto ai livelli

pre-Covid (3,1% nel 2019). In aumento anche i nuovi crediti in default

delle imprese di piccola dimensione, che evidenziano un netto rialzo nel

2022 (2,9% dall'1,4% del 2021) per poi attestarsi al 2,3% nel 2023, su

livelli lievemente inferiori al 2019 (2,1%). Le imprese di medie e grandi

dimensioni, che giá nel 2021 avevano registrato una crescita dei nuovi

crediti in default, faranno osservare rialzi dei tassi meno marcati. Le

medie si porteranno al 2,8% nel 2022 (dall'1,5%) chiudendo all'1,9% nel

2023 (1,7% nel 2019), mentre le grandi passeranno dall'1,1% al 2,4%, per

poi calare all'1,5%, su livelli di poco superiori al pre-Covid (1,3% nel

2019).

Nonostante la riduzione dei tassi prevista per il 2023 (rispettivamente 2,4% e 1,8%), le aziende manifatturiere piccole e medie rimarranno su livelli di rischiositá significativamente piú alti rispetto al pre-Covid (rispettivamente 1,6% e 1,2%). Anche le grandi imprese dell'industria, in seguito al forte incremento dei tassi del 2022 (dallo 0,6% al 2,2%), si attesteranno nel 2023 sopra i livelli del 2019 (1,3% contro lo 0,9%. Diversamente da quanto previsto per l'industria, nel settore delle costruzioni le imprese di piccola e di media dimensione risultano le classi meno impattate dal rialzo dei tassi di deterioramento. Le piccole imprese edilizie si porteranno al 2,8% nel 2022 (dal 2,1%), per poi ritornare al 2,1% nel 2023, attestandosi su livelli inferiori di 1,5 punti percentuali rispetto al 2019 (3,6%); le medie imprese evidenziano nel 2022 un rialzo di soli tre decimi (dal 2,9% al 3,2%), seguito da una discesa dei tassi piú pronunciata nel 2023 (2,6% contro il 4,1% del 2019).

Nei servizi il peggioramento piú significativo si verificherá tra le

microimprese, che nel 2022 vedranno aumentare i tassi al 4,3% (dal 2,4%)

per poi attestarsi al 4,0%, a livelli superiori di 1 punto percentuale

rispetto al pre-Covid (3,0% nel 2019). Anche le piccole imprese faranno

registrare un aumento molto netto dei nuovi crediti in default, portandosi al 2,8% (dall'1,2%), per poi attestarsi al 2,3% nel 2023 (contro il 2,1% del 2019).

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(END) Dow Jones Newswires

February 02, 2022 12:02 ET (17:02 GMT)