MILANO (MF-DJ)--Leader e cittadini di tutto il mondo hanno reagito allarmati alle immagini della folla di sostenitori del presidente Usa, Donald Trump, che si faceva strada nel Congresso degli Stati Uniti, definendolo un evento scioccante in una delle democrazie più stabili del mondo.

Dall'Europa all'America Latina fino all'Asia, politici, cittadini e dignitari hanno assistito con sgomento - e persino incredulità - all'assalto al Congresso dei sostenitori di Trump si facevano strada, che hanno interrotto il dibattito sulla certificazione elettorale del presidente eletto, Joe Biden.

In Europa, il ministro degli Esteri tedesco, Heiko Maas, si è affrettato a condannare le azioni violente, esortando Trump e i suoi alleati, in un post su Twitter, a "smetterla di calpestare la democrazia" e ad accettare il risultato delle elezioni.

Maas ha tracciato un parallelo con la presa del potere di Hitler. "Le azioni violente derivano da parole incendiarie, prima sui gradini del Reichstag e ora al Congresso", ha detto riferendosi all'incendio del palazzo del Parlamento della Germania repubblicana nel 1933. "Ignorare le istituzioni democratiche ha conseguenze devastanti", ha aggiunto.

Il primo ministro britannico, Boris Johnson, da lungo tempo alleato di Trump, ha twittato che "scene vergognose arrivano dal Congresso degli Stati Uniti. Gli Usa sono per la democrazia in tutto il mondo ed è ora vitale che ci sia un trasferimento di potere pacifico e ordinato".

Jens Stoltenberg, segretario generale dell'Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico ed ex primo ministro norvegese, ha descritto le scene come scioccanti. "Il risultato di queste elezioni democratiche deve essere rispettato", ha detto.

Il primo ministro canadese, Justin Trudeau, ha scritto sul suo account Twitter che i canadesi sono "profondamente turbati e rattristati dall'attacco alla democrazia" a Washington. "La violenza non riuscirà mai a prevalere sulla volontà del popolo. La democrazia negli Stati Uniti deve essere sostenuta e lo sarà", ha aggiunto.

Ma a Toronto alcune persone sono scese in strada per sostenere Trump. A partire dalla tarda mattinata di ieri e nel pomeriggio, i sostenitori hanno creato un corteo di automobili lungo circa due isolati che serpeggiava attraverso il centro e oltre il Consolato degli Stati Uniti, secondo i media locali. I sostenitori hanno sventolato striscioni a sostegno di Trump e bandiere americane, secondo i post sui social media.

In America Latina - una regione con una storia politica turbolenta che conosce fin troppo bene presidenti che hanno infranto le norme democratiche per mantenere la loro presa sul potere - le immagini dei manifestanti che si facevano strada nel Congresso hanno scioccato i politici e i residenti che una volta guardavano agli Stati Uniti come a un modello di stabilità e Stato di diritto.

L'ex presidente del Messico, Felipe Calderon, ha detto che gli Stati Uniti stanno vedendo "i frutti del discorso populista" di Trump, "che inizia eliminando il riconoscimento della verità, manipolando i risentimenti politici delle persone, per poi delegittimare lo stato di diritto. Sono sicuro che gli Stati Uniti fermeranno questa follia, spero solo che non sia troppo tardi".

Jorge Quiroga, un ex presidente della Bolivia, dove proteste ampie e violente hanno scosso il Paese nel 2019 costringendo l'allora presidente Evo Morales a dimettersi e fuggire all'estero, ha definito quella di ieri "una triste fine per il presidente Trump e un profondo deterioramento della democrazia nel Paese".

In Brasile i membri del Congresso del Partito dei Lavoratori di sinistra hanno scelto Twitter per esprimere il loro orrore per gli eventi in corso negli Stati Uniti, mentre gli analisti politici hanno sollevato il timore che un attacco di imitazione possa avvenire il prossimo anno durante le elezioni presidenziali del Paese latinoamericano.

Analisti politici in America Latina affermano che la situazione potrebbe rendere più difficile per gli Stati Uniti promuovere la democrazia nella regione, anche in Venezuela, dove gli sforzi di Trump per estromettere il leader autocratico Nicolas Maduro sono falliti.

In effetti, i leader dei Paesi che gli Stati Uniti hanno criticato per le violazioni dei diritti umani e il mancato rispetto dello Stato di diritto non hanno esitato a puntare il dito contro gli Stati Uniti ieri. In Venezuela, dove il Governo ha incarcerato oppositori politici e utilizzato bande armate, i cosiddetti colectivos, per attaccare i critici, i leader si sono detti preoccupati per la violenza politica a Washington. Diosdado Cabello, una figura potente del regime di Maduro, ha scritto su Twitter che "sarò breve: gli Stati Uniti, che disastro".

La portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, si è astenuta dal commentare in modo indipendente sugli eventi di Washington sulla sua pagina Facebook ma ha condiviso un post di Jill Dougherty, un'esperta russa presso il Woodrow Wilson International Center for Scholars di Washington. "Gli Stati Uniti non saranno mai più in grado di dire al mondo che siamo il modello della democrazia", ha scritto Dougherty su Facebook.

Il primo ministro indiano, Narendra Modi, leader della più grande democrazia del mondo, si è detto angosciato per i disordini. "Il trasferimento ordinato e pacifico del potere deve continuare. Il processo democratico non può essere sovvertito attraverso proteste illegali", ha scritto questa mattina su Twitter.

In Giappone, il principale portavoce del Governo, Katsunobu Kato, ha dichiarato che "spero che la democrazia americana superi queste difficili circostanze e ripristini l'ordine e la cooperazione sociale, e che proceda una transizione pacifica e democratica del potere".

cos

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January 07, 2021 04:00 ET (09:00 GMT)