LONDRA (Reuters) - Se le più grandi banche centrali a livello mondiale sono convinte che l'emergenza economica è finita e che la politica monetaria dovrebbe iniziare a tornare all'impostazione precedente la pandemia, è probabile che la Bce raggiungerà questo traguardo prima della Fed.

Alle prese con i più alti tassi d'inflazione in decenni - dovuti principalmente alle distorsioni e ai colli di bottiglia legati alla rapida riapertura delle economie dopo diversi lockdown contro il Covid-19 - le banche centrali temono che i prezzi caleranno più lentamente di quanto inizialmente previsto.

L'ondata di Omicron vista a fine anno ha compromesso nuovamente lo scenario economico e potrebbe prolungare i disagi negli approvvigionamenti e per il mercato del lavoro che hanno già spinto i livelli di inflazione più a lungo, facendo crescere il rischio che si consolidino nelle aspettative di famiglie, lavoratori e imprese.

Nel dubbio, il messaggio sembra essere: basta misure di stimolo, tornare al punto di partenza e osservare il quadro complessivo.

I funzionari della Federal Reserve hanno iniziato il 2022 a ritmo spedito. La maggioranza ora insiste non solo che termineranno i nuovi acquisti di bond a marzo, ma che il primo di tre aumenti dei tassi d'interesse avverrà in quel periodo e il ridimensionamento del copioso bilancio della Fed avrà inizio poco dopo.

Il presidente della Fed Jerome Powell ha detto ieri di voler 'normalizzare' la politica monetaria, pur restando 'umili e agili'.

Anche se lo scenario per la Banca centrale europea è differente, l'istituto deve affrontare una inflazione analoga, difficoltà di comunicazione e il messaggio lanciato dai principali esponenti di Francoforte esprime da un lato cautela sui rischi di inflazione e allo stesso tempo ribadisce il mandato chiave per la stabilità dei prezzi.

Il capo economista Bce Philip Lane ha detto questa settimana di stimare ancora l'inflazione a livelli inferiori al target del 2% per il 2023 e 2024, mentre la presidente Christine Lagarde ha parlato ieri di un impegno "irremovibile" per la stabilità dei prezzi e il nuovo presidente di Bundesbank Joachim Nagel ha detto di vedere un "pericolo" nell'inflazione ancora alta.

Per molti nei mercati - alle prese con un rimbalzo economico più modesto, tassi di disoccupazione più alti, persistenti problemi di credito e un invecchiamento demografico che ha minacciato per un decennio la deflazione - la Bce appare 'dovish' rispetto alla Fed, in modo più profondo e per più a lungo.

Il calo di quasi il 10% nel tasso di cambio tra euro e dollaro visto nella seconda metà dello scorso anno evidenzia in parte questo fenomeno.

I tassi di riferimento della Bce e i rendimenti dei principali titoli di stato a lungo termine erano negativi prima della pandemia e sono rimasti tali. E le dimensioni del bilancio complessivo dell'istituto sono superiori rispetto a quello della Fed in termini nominali, in aggiunta ad essere, ad oltre il 65%, quasi il doppio della percentuale del Pil rilevata da Washington.

Tuttavia, come indicato dall'economista di UniCredit Marco Valli, buona parte della posizione della Bce è stata adottata prima della pandemia.

"Considerando i diversi punti di partenza della politica monetaria, la posizione della Bce appare meno accomodante di quanto si ritenga in generale", ha scritto Valli.

'UMILI E AGILI'

Valli riconosce che, in base alle decisioni prese il 16 dicembre - che mirano a ridurre gli acquisti d'emergenza di bond entro marzo, terminare i nuovi strumenti straordinari per prestiti entro giugno e per riportare gli acquisti di asset standard ai livelli precedenti alla pandemia entro il quarto trimestre - la Bce ritornerà all'andamento visto prima della pandemia entro ottobre, in anticipo di un anno rispetto agli attuali piani della Fed.

Ovviamente, la Fed ha tagliato il tasso d'interesse di riferimento di oltre 150 punti base e ha rivoluzionato i propri acquisti di asset in seguito al primo impatto del Covid-19. La Bce, invece, ha puntato perlopiù sul programma Pepp per gli acquisti di bond come principale strumento di stimolo per i tassi d'interesse a lungo termine. Il tasso 'repo' della Bce era già allo 0% dal 2016 e il tasso sui depositi era già stato tagliato all'attuale -0,5% nel 2019.

Tuttavia, secondo Valli, è giusto notare che la Bce ritornerà ai livelli precedenti alla pandemia ben prima della Fed, nonostante l'aumento dei salari in seguito ai disagi nel mercato del lavoro, la minore debolezza nel tasso di cambio sui prezzi d'importazione e i minori timori in termini di valutazioni di equity.

O la Fed è stata troppo lenta a normalizzare - e a giudicare dalle caotiche dichiarazioni di quest'anno, sembra che alcuni nella Fed sembrano pensare questo - o la Bce è troppo cauta.

"La prima ipotesi sembra la più probabile", ha aggiunto Valli.

(Tradotto a Danzica da Enrico Sciacovelli, in redazione a Roma Stefano Bernabei)