MILANO (MF-DJ)--Gli scontri israelo-palestinesi hanno catalizzato un'ondata di proteste in tutto il Medio Oriente e oltre, mettendo alla prova i limiti delle relazioni tra i Governi arabi e Israele.

Israele aveva sperato che una serie di accordi diplomatici stipulati l'anno scorso, noti come Accordi di Abramo, riconfigurassero la sua posizione nella regione. Ora la lotta vecchia di decenni di Israele con i palestinesi è tornata alla ribalta ancora una volta.

I funzionari di Emirati Arabi Uniti, Bahrein, Sudan e Marocco - tutti Paesi che hanno normalizzato i legami con Israele nel 2020 - hanno criticato le politiche israeliane questa settimana.

"Israele in questo momento sta mettendo i suoi amici e partner, inclusi gli Emirati Arabi Uniti, in una situazione difficile, in una posizione scomoda", ha detto Abdulkhaleq Abdulla, un eminente scienziato politico degli Eau, aggiungendo che "penso che questo ci riporterà a zero".

Quando hanno aderito agli accordi di Abramo lo scorso anno, i funzionari del Golfo hanno sostenuto che le nuove relazioni diplomatiche avrebbero dato ai loro Paesi maggiore influenza per convincere Israele a cambiare le sue politiche nei confronti dei palestinesi. Persino l'Arabia Saudita si stava avvicinando al riconoscimento di Israele con il principe ereditario Mohammed bin Salman che ha incontrato segretamente il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. L'attuale crisi ha messo però in discussione questo argomento, dicono gli osservatori.

"Ci sono basi forti in queste relazioni ma la sfida è come i Paesi arabi spiegheranno la questione alla loro gente", ha detto Ofir Winter, ricercatore presso l'Istituto per gli studi sulla sicurezza nazionale presso l'Università di Tel Aviv, spiegando che "questa escalation è un grande banco di prova per queste nuove relazioni".

Tra gli altri Paesi, le proteste si sono svolte in Bahrain, Marocco e Sudan, tutti Stati che hanno aderito agli Accordi di Abramo lo scorso anno. In Bahrain, martedì notte decine di manifestanti hanno marciato e cantato in segno di solidarietà. Anche i leader religiosi hanno espresso opposizione alle azioni di Israele e criticato i Governi arabi per essersi avvicinati al paese ebraico.

"Non c'è dubbio che la normalizzazione sia la grande tragedia tra le tragedie della nostra Nazione", ha detto lo sceicco Isa Qassim, un religioso dissidente del Bahrein, in una dichiarazione postata ieri su Twitter.

Gli Emirati Arabi Uniti sono sembrati un alleato entusiasta di Israele dopo che sono stati il primo Paese ad aderire agli accordi negoziati dalla Casa Bianca lo scorso anno. Dall'inizio della violenza a Gaza, però, alcuni funzionari degli Emirati hanno ribadito le loro posizioni filo-palestinesi. I funzionari del Golfo hanno cercato di separare il loro sostegno ai palestinesi da qualsiasi legame con Hamas, un gruppo che la maggior parte dei Governi della regione tiene a debita distanza.

"Gli Emirati sono al fianco dei diritti dei palestinesi, con la fine dell'occupazione israeliana, con la soluzione a due Stati e con uno Stato palestinese indipendente con Gerusalemme est come capitale", ha twittato Anwar Gargash, un alto funzionario degli Emirati Arabi Uniti che ha servito come ministro degli Esteri fino a poco tempo fa. "Questa è una posizione storica e di principio che non cambia", ha aggiunto.

In Giordania, un Paese che ha firmato un trattato di pace con Israele nel 1994, migliaia di persone si sono riunite per protestare davanti all'Ambasciata israeliana nella capitale, Amman, all'inizio di questa settimana.

L'Egitto, il primo Paese arabo a fare la pace con Israele nel 1979, ha proposto di mediare tra Israele e Hamas, il gruppo armato palestinese che governa Gaza. Il ministero degli Esteri egiziano ha dichiarato all'inizio di questa settimana di non aver ricevuto risposta da Israele alla sua proposta di mediazione.

Al di là del sostegno retorico ai palestinesi e dei tentativi di mediazione nel conflitto, la maggior parte degli Stati arabi non ha mezzi validi per intervenire nella crisi.

"Il sostegno alla questione palestinese è profondamente radicato in tutti i Paesi arabi e fa pressione sui Governi affinché agiscano di conseguenza, cosa che non possono fare", ha detto Ezzedine Choukri Fishere, un ex diplomatico egiziano che ha prestato servizio in Israele e ora è docente all'Università di Dartmouth.

Anche l'avversario di Israele, l'Iran, ha denunciato le azioni a Gerusalemme, con il suo ministro degli Esteri che chiede alla comunità internazionale di agire e il Corpo paramilitare della Guardia Rivoluzionaria Islamica che mette in guardia gli Stati Uniti sugli Accordi di Abramo.

La Turchia, un'altra grande potenza mediorientale che ha una relazione di lunga data con Israele, ha tentato di organizzare uno sforzo diplomatico per fermare gli attacchi israeliani contro i palestinesi. "I Paesi musulmani devono rispondere all'appello del popolo palestinese e usare qualsiasi potere di cui dispongono", ha detto Ibrahim Kalin, uno dei massimi consiglieri del presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, in un'intervista televisiva questa settimana.

Proteste filo-palestinesi si sono svolte anche in Libano, Tunisia e Iraq. Anche i ministri degli Esteri di Oman e Sudan hanno condannato Israele.

cos

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May 13, 2021 12:12 ET (16:12 GMT)