ZURIGO (awp/ats) - Chi scommette su un indebolimento del franco nel 2024 rimarrà probabilmente deluso: la stragrande maggioranza degli esperti di valute concorda sul fatto che il franco continuerà a rafforzarsi nel prossimo anno.

Anche se potrebbero verificarsi piccole correzioni a breve termine, gli specialisti ritengono che la valuta svizzera dimostrerà ancora una volta il suo dinamismo nei prossimi 12 mesi, in considerazione degli sviluppi geopolitici ed economici.

Quest'anno lo scoppio della guerra in Medio Oriente ha provocato una fuga degli investitori verso rifugi sicuri. Ciò ha spinto il corso dell'euro verso il minimo storico di 94 centesimi. Il dollaro aveva già raggiunto il livello più basso, sotto gli 86 centesimi, in estate. Nei confronti del franco l'euro è stato brevemente al di sopra della parità all'inizio dell'anno, mentre il dollaro è sempre stato sotto.

Sui mercati finanziari c'è chi parla ormai di "moneta più forte del mondo". Dopotutto, l'apprezzamento del franco dura dai tempi di Bretton Woods, ricorda il consulente in cambi Thomas Gangl della banca Valiant.

Le ragioni dell'attuale forza sono molteplici. E non sono le stesse per tutte le coppie di valute, sottolinea l'esperto Claudio Wewel di J. Safra Sarasin. Ad esempio il corso dollaro/franco è particolarmente sensibile alle differenze nella dinamica dei tassi d'interesse, mentre questo aspetto è meno importante per l'accoppiata euro/franco. "Il sentimento di rischio gioca un ruolo molto più importante", annota il professionista.

Secondo Daniel Lüchinger della Banca Cantonale Grigione i numerosi fattori di incertezza emersi nel corso dell'anno hanno fatto sì che il franco beneficiasse ancora una volta della sua funzione di bene rifugio. "Con la guerra in Ucraina e in Medio Oriente, le incertezze geopolitiche sono aumentate in modo significativo e non ci sono segnali che queste incertezze rientrino presto".

Sussistono però anche ragioni strutturali. La più significativa è probabilmente l'avanzo delle partite correnti, che porta a una valutazione positiva della valuta e alla tendenza ad acquistare franchi svizzeri, spiega Gangl. "Questo e l'economia piuttosto aperta determinano una bassa inflazione rispetto ad altre valute".

A ciò si aggiunge il sistema politico, spesso percepito come lento e macchinoso, che si basa sul consenso e che, insieme alla neutralità, garantisce uno stato stabile e prevedibile. "Tutto questo attira denaro e aziende, che mantengono alta la pressione per la rivalutazione".

C'è poi l'operato della Banca nazionale svizzera (BNS), che negli ultimi mesi ha venduto valuta estera, rafforzando così il franco. Nei soli primi sei mesi ha ceduto moneta straniera per un valore di oltre 70 miliardi di franchi. Tuttavia in occasione dell'ultima valutazione della situazione, ieri, l'istituto ha dichiarato che queste vendite non rappresentano più una priorità. Sebbene la BNS continuerà a intervenire se necessario sul mercato, consentirà anche un certo grado di volatilità, ha annunciato il presidente Thomas Jordan. In effetti il franco forte viene ora visto con favore dalla BNS: fa sì che l'inflazione estera, a volte esorbitante, non venga importata.

Il quadro generale è quindi di stabilità rispetto a quanto avvenuto nel 2023. "A nostro avviso il corso euro-franco dovrebbe mantenere una distanza confortevole dalla parità", prevede ad esempio Wewel. Questo anche per via dei rendimenti obbligazionari globali, che probabilmente scenderanno nel 2024, non appena i mercati torneranno a puntare sui tagli dei tassi d'interesse da parte della Federal Reserve. La riduzione dell'attuale differenziale dei tassi di interesse rispetto alle altre valute dovrebbe quindi avere un impatto positivo sul franco.

Il lato negativo della persistente forza della moneta elvetica è l'onere costante che grava in particolare sulle aziende orientate all'esportazione. "Il franco forte non è certo d'aiuto nell'attuale fase di recessione economica", afferma Karsten Junius, capo economista di J. Safra Sarasin. L'industria manifatturiera, in particolare, sta attraversando un periodo di magra. "Nel medio termine la flessibile economia elvetica ha però sempre dimostrato di potersi adattare a un franco più forte, che agisce sempre come una frusta per la produttività".

Il capo economista di Raiffeisen Fredy Hasenmaile è un po' più cauto. "Per le aziende esportatrici, il fattore decisivo in generale è l'economia del paese di destinazione. Ma se, come accade attualmente, alla debolezza dell'economia dei paesi importatori si aggiunge il rafforzamento della valuta nazionale, allora questo cocktail può diventare un peso per alcune imprese".