MILANO (MF-DJ)--"Si è conclusa la tanto attesa seconda parte della Cop15, la conferenza delle Nazioni Unite sulla biodiversità, che ha portato all'adozione di alcuni impegni importanti, ma senza grande clamore. Infatti, il summit ha trovato minore eco sui media rispetto alla Cop27 (l'equivalente sui cambiamenti climatici), nessun leader mondiale è intervenuto e la partecipazione del mondo dell'imprenditoria è stata piuttosto scarsa. E' indubbio che stiamo affrontando una doppia emergenza planetaria, con i cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità indissolubilmente correlati. Sembra tuttavia che il mondo riservi alla crisi della biodiversità un'attenzione molto inferiore rispetto a quella per le emissioni di gas serra".

Lo ha detto Victoria Leggett, Equity fund manager e Head of Impact Investing di Ubp, spiegando che "il motivo è forse da ricercare nel fatto che la perdita di biodiversità è più difficile da misurare ed è più eterogenea. Oppure i servizi forniti dalla natura sono ancora dati per scontati, quindi per molti è difficile giudicare l'impatto sul mondo reale al di là della scomparsa delle specie. E' proprio su queste premesse che l'esito della Cop15 è ancora più importante. La principale conquista è l'obiettivo '30x30' nel Quadro Globale per la Biodiversità (Gbf) di Kunming-Montreal", per preservare il 30% delle aree marine e terrestri entro il 2030.

"L'altro chiaro cambiamento dalla bozza di accordo alla versione finale è la maggiore enfasi posta sui diritti e i territori degli indigeni. Questo aspetto è presente in quasi tutte le declinazioni del (Gbf) e veicola il messaggio che i popoli indigeni sono stati i migliori amministratori della terra e che il loro approccio dovrebbe essere seguito per riuscire a conservare le risorse. E' ovvio che il finanziamento degli obiettivi è stato oggetto di un acceso dibattito e sono stati raggiunti significativi risultati al riguardo, con accordi sulla riduzione degli incentivi dannosi e sull'aumento dei finanziamenti pubblici e privati dei Paesi ad alto reddito, pari a circa 30 miliardi di dollari l'anno da destinare ai Paesi in via di sviluppo", ha aggiunto.

L'obiettivo più importante per la comunità finanziaria e il mondo delle imprese è l'obiettivo 15, spiega Leggett, "che prevede l'obbligo di disclosure aziendale sui rischi, gli impatti e le dipendenze dalla natura. Questo elemento è particolarmente rilevante per il team Impact di Ubp, in quanto firmataria della campagna 'Make it mandatory' di Business For Nature. Per quanto la formulazione sia stata un po' diluita, è stato convenuto che tutte le grandi imprese e le istituzioni finanziarie devono accertare e divulgare questi impatti e rischi. E' importante sottolineare che le catene di approvvigionamento sono state esplicitamente indicate e ciò costituisce un notevole supporto per il lavoro della Taskforce on Nature-related Financial Disclosures (Tnfd) nel 2023.

"Nonostante alcuni importanti risultati raggiunti, l'accordo finale è ben lungi dall'essere perfetto, in quanto mancano obiettivi quantitativi e non giuridicamente vincolanti. Inoltre, sono pochi gli obiettivi riguardanti la natura raggiunti dai diversi Paesi, con un fallimento quasi totale di quelli di Aichi (il precursore del Gbf). Ma questa volta, se vogliamo concederci un po' di ottimismo, la differenza è che il mondo delle imprese e il settore pubblico stanno iniziando a rendersi conto del contributo della natura al Pil", ha proseguito, spiegando che "cominciano a capire che non potremo raggiungere i nostri obiettivi climatici senza risolvere la crisi della biodiversità. Ma soprattutto, il 2022 ci ha posti di fronte a sfide climatiche e geopolitiche senza precedenti, con ripercussioni sulla sicurezza idrica, alimentare ed energetica. Il ripristino della natura svolge un ruolo fondamentale per la resilienza delle comunità e la stabilità a lungo termine dei governi, e il Quadro Globale per la Biodiversità rappresenta una roadmap pratica per raggiungere l'obiettivo".

com/cos


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January 09, 2023 07:21 ET (12:21 GMT)