ROMA (MF-DJ)--L'Italia potrebbe a breve siglare un contratto con Moderna per avere dosi extra di vaccino rispetto a quelle già previste. Lo scrive Repubblica spiegando che nel corso delle sue interlocuzioni telefoniche con i dirigenti delle case farmaceutiche produttrici, infatti, il premier Mario Draghi ha sondato la possibilità di una fornitura aggiuntiva per il nostro Paese con la casa farmaceutiche statunitense.

L'iniziativa di Draghi si muove fuori dal solco dellacontrattazione collettiva. La trattativa con Moderna viene mantenuta nel riserbo più totale, ma, stando a quanto risulta al giornale, l'azienda americana sta valutando di accettare la proposta italiana. Che, in caso di esito positivo, non infrangerebbe il fronte comune europeo dell'approvvigionamento: gli accordi preventivi (Advance purchase agreements) stipulati dalla Commissione attingendo al fondo di 2,7 miliardi di euro dell'Emergency support instrument, infatti, vietano sì la possibilità per i membri Ue di firmare singolarmente contratti preventivi con gli stessi produttori, ma consentono di farli successivamente sempre che non confliggano con la distribuzione concordata con la Commissione.

Dell'approvvigionamento, trattandosi evidentemente di una questione che attiene alla sicurezza nazionale, si sta occupando da mesi la nostra intelligence. I vaccini sono oggi beni più preziosi delle armi. E rappresentano la merce di scambio principale nei rapporti geopolitici tra i Paesi. Chi ha maggiori scorte ha, evidentemente, un maggior potere. Ecco perché, lette ora, assumono ancora un maggior peso specifico due scelte, prese dal governo Conte nei mesi scorsi, delle quali vorrebbe discutere anche il Copasir. Se, soltanto, il Comitato riprendesse i lavori. Il primo punto riguarda il rapporto tra l'Italia e AstraZeneca. È

un fatto che la Irbm di Pomezia, nella primavera del 2020, aveva invitato il governo a prendere contatti con l'Università di Oxford per diventare "comproprietario" del vaccino poi sviluppato dalla ditta anglo-svedese.

"Ci sono state un paio di riunioni - ha detto il presidente della Irbm, Piero di Lorenzo - con rappresentanti delle nostre istituzioni, ma non c'era la possibilità di finanziare in breve tempo un'università estera". Sarebbero bastati 70 milioni di euro per avere oggi la priorità su quelle fiale. C'è anche un secondo fatto. Tra aprile e maggio, ancora i servizi di intelligence consegnano al governo un'altra informazione cruciale: i primi test effettuati su Reithera, il vaccino italiano, sono molto incoraggianti. Se ne convince anche l'allora commissario straordinario, Domenico Arcuri, che chiede a Conte la possibilità di entrare nel capitale della società in modo da finanziare e accelerarne lo sviluppo. Sono tutti convinti che, se si fa in fretta, nei primi mesi del 2021 il vaccino italiano potrebbe essere pronto. Nessuno però dal governo risponde. Eppure l'interesse c'era, visto che quei soldi arriveranno. Otto mesi dopo. Troppo tardi.

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April 09, 2021 03:05 ET (07:05 GMT)