ROMA (MF-DJ)--È abbastanza certo ormai che il destino del vaccino

Johnson&Johnson sarà lo stesso di AstraZeneca. Dopo i pochissimi casi di

trombosi rilevati negli Stati Uniti e la sospensione decisa dalle autorità

americane, fonti del governo italiano confermano che l'orientamento

immediato è di circoscriverne l'uso solo agli over 60, come una settimana

fa, a livello europeo, era stato deciso per il siero di Oxford. Ma c'è

anche un'altra notizia che emerge dalle preoccupazioni sullo stop a J&J, e

che coinvolge la famiglia dei farmaci anti-Covid alla quale appartiene. Si

chiamano vaccini a vettore virale: AstraZeneca, J&J e Sputnik. Tutti e tre

finiti nella bufera di questi giorni di ansie e incertezze, i primi due

per motivi scientifico-sanitari, il terzo anche per ragioni geopolitiche.

Secondo quanto è venuta a conoscenza La Stampa da una fonte del

ministero della Salute, la Commissione europea, d'accordo con i leader di

molti Paesi, avrebbe deciso che alla scadenza dei contratti validi per

l'anno in corso non saranno rinnovati quelli con le aziende che producono

vaccini di questa tipologia. Si vuole puntare tutto sui sieri a Rna

messaggero, che trasporta le istruzioni per la produzione della proteina

Spike utilizzata dal coronavirus, permettendo così all'organismo di

produrre anticorpi specifici e di immunizzarsi. Sarebbe il trionfo di

Pfizer e Moderna, che fino ad ora hanno dato più sicurezza (anche sul

fronte contrattuale, dicono nel governo) mentre verrebbero penalizzati

AstraZeneca, J&J, già autorizzati dall'Ema, Sputnik, che ancora deve

ricevere il via libera, ma anche il vaccino made in Italy, in fase di

sperimentazione, ReiThera. Il presidente del Consiglio Mario Draghi aveva

già avvertito in conferenza stampa che l'Ue non avrebbe replicato l'errore

di firmare contratti senza vere garanzie, specificando che "i prossimi

saranno fatti meglio".

Intanto tra ministero della Salute, struttura commissariale e Palazzo

Chigi si è discusso dei possibili impatti sul piano vaccinale della

frenata su J&J, che gode dell'indubbio vantaggio di essere monodose.

Secondo quanto sostiene la stessa multinazionale Janssen, il time out,

deciso "in via precauzionale", dovrebbe durare un paio di giorni. Già oggi

l'azienda fornirà alla Fda e all'agenzia europea Ema alcuni dati che

farebbero meglio capire la connessione tra l'antidoto e i sei casi di rare

trombosi cerebrali riscontrate negli Usa a fronte di quasi sette milioni

di somministrazioni. Il problema è sempre quello che ha spinto molti Paesi

europei, tra i quali l'Italia, a indirizzare solo verso gli over 60

l'altro vaccino che utilizza il meccanismo del vettore virale, quello di

AstraZeneca. Che in Europa si sospetta abbia generato un centinaio di quei

rari eventi trombolitici, senza di certo ribaltare il rapporto

rischio-beneficio a totale vantaggio del vaccino. Basti pensare che nella

popolazione over 60, alla quale è consigliata, il rischio di finire in

terapia intensiva perché non immunizzati è 640 volte superiore a quello di

incappare in una di quelle rare trombosi.

Per ora tutto procede come prima, si è deciso dopo un faccia a faccia

tra il ministro della Salute Roberto Speranza, i vertici dell'Aifa e il

Cts. Anche perché la tabella alla colonna J&J, da qui a fine anno, assegna

all'Italia 26 milioni e mezzo di dosi, di cui 7,3 milioni nel secondo

trimestre appena iniziato, equivalenti ad altrettanti immunizzati. Sempre

che l'Ema, come già fatto trapelare, non decida di tornare sui propri

passi richiedendo il richiamo anche per l'antidoto di Janssen.

vs

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April 14, 2021 02:35 ET (06:35 GMT)