ROMA (MF-DJ)--Migliaia di imprese del fotovoltaico possono tirare un primo sospiro di sollievo. Il Tar di Milano ha accolto il ricorso presentato dagli operatori del settore contro la delibera Arera 266/2022, quella che ha dato attuazione all'articolo 15-bis del Dl Sostegni ter, stabilendo le modalità di pagamento dei cosiddetti extra-profitti e assoggettando gli impianti fotovoltaici che percepiscono gli incentivi a un meccanismo di compensazione a due vie sul prezzo dell'energia elettrica, immessa in rete dal 1 febbraio al 30 giugno 2023. Tra fine dicembre e i primi giorni di gennaio verranno pubblicate le motivazioni: il massimo risultato ottenibile dalla sentenza sarebbe il rimborso degli importi già riscossi dal Gse.

Ma intanto, commenta Paolo Rocco Viscontini, presidente dell'associazione Italia Solare, "è comunque un segnale positivo perché, sebbene i termini di tale accoglimento non siano ancora definiti, è un primo sollievo per tutte quelle aziende ed enti pubblici che si trovano in difficoltà per le richieste di pagamento ricevute". La norma contestata, ricorda Italia Solare, mette all'angolo decine di migliaia di imprese "che contavano sul fotovoltaico per compensare le fluttuazioni dei prezzi dell'energia e ora sono costrette a vendere a 58-75 euro per megavattora acquistando l'energia a 250-400 euro per megavattora". A determinare lo sfasamento è proprio il tetto fissato ai ricavi del fotovoltaico (58-75 euro citati da Italia Solare) e il prezzo effettivo dell'energia elettrica.

A seguire la battaglia legale per conto di circa 800 operatori è Germana Cassar, partner di Dla Piper, che ha messo a segno il ricorso davanti al Tar. "L'Ue ha fissato questo tetto in 180 euro a megavattora, un valore tre volte più alto di quello italiano, perché questa norma non è un tetto ai ricavi ma un esproprio, o meglio un tributo mascherato sulla redditività degli impianti", dice a MF-Milano Finanza. "È quanto di più contrario al mercato si possa fare". Nella sua esposizione davanti ai giudici amministrativi di Milano, Cassar ha sostenuto che alla base della norma contestata non c'è una valutazione sulla base della redditività, bensì un'altra: "Il regolatore sta dicendo che un soggetto che percepisce incentivi non ha diritto ad avere un'aspettativa di guadagno sul mercato libero e concorrenziale. È lo Stato a intervenire: tu operatore del fotovoltaico puoi solo ritornare dell'investimento, ma non puoi guadagnare. Ed ecco perché la misura è strutturalmente sbagliata: il tetto troppo basso diventa un tributo, senza alcun criterio sull'effettiva redditività".

L'offensiva legale di Dla Piper prende le mosse dal meccanismo di formazione del prezzo sul mercato elettrico, che risponde alla logica del prezzo marginale: il prezzo che lega tutti i partecipanti al mercato è fissato, cioè, da quello dell'ultima centrale elettrica che interviene a coprire la domanda. In altre parole, il prezzo è unico, e a determinarlo è proprio la centrale elettrica più costosa. "Non sono gli operatori ad aver fissato queste regole, ed è evidente che quando c'è poca domanda le unità di produzione meno costose sono sufficienti a coprirla, determinando un prezzo basso", osserva Cassar. "L'esistenza di picchi a breve termine è una caratteristica normale del mercato dell'energia elettrica e lo riconosce anche la Commissione europea. Possiamo dire che è la pietra angolare del sistema. Allora quale sarebbe stato un modo idoneo per contrastare gli effetti della crisi e calmierare i prezzi senza punire i produttori? Prendere a riferimento il prezzo dell'energia fissato nei momenti in cui la domanda era al massimo nel periodo ante-crisi. La media aritmetica non ha senso", conclude la partner dello Studio Dla Piper, "non è sostenuta da nessuna logica di mercato".

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0608:43 dic 2022


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