MILANO (MF-DJ)--Alcune aziende hanno iniziato ad assumere laureati in filosofia come manager per guidare la trasformazione organizzativa e digitale. Un trend che, come spesso accade, arriva dagli Usa e che sta prendendo piede, da qualche tempo, anche in Italia.

"Gli americani - precisa Francesca Contardi, managing director di EasyHunters, prima società di ricerca e selezione con un Digital Operating Process - lo hanno chiamato Chief Philosophy Officer (o CPO), ma indipendentemente dal nome con il quale vogliamo definirlo, si tratta di una figura strategica all'interno delle aziende e che, con il passare del tempo, potrebbe assumere un ruolo sempre più centrale nell'organigramma. Questo professionista, infatti, può accompagnare le aziende e le risorse in ogni genere di trasformazione, organizzativa o digitale. Pensiamo ai cambiamenti che abbiamo vissuto negli ultimi due anni, con il diffondersi di nuovi modelli organizzativi e di lavoro a sempre più a distanza: guidare in modo corretto le risorse all'interno di questi cambiamenti è fondamentale per non compromettere la produttività e, nei casi più difficili, la sopravvivenza del business".

In merito a quali competenze deve avere il Chief Philosophy Officer, data la complessità del ruolo, una laurea in filosofia può non essere sufficiente. In azienda, potremmo definire filosofia la capacità di prevedere, gestire e risolvere eventuali problemi. La filosofia, inoltre, è molto vicina ad alcune competenze trasversali indispensabili: la capacità di comunicare, l'empatia e la rapidità nell'individuare e risolvere problemi.

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