MILANO (MF-DJ)--Il cammino per cambiare il Patto di Stabilità ha fatto il primo grande passo con la lettera del premier italiano Mario Draghi e del presidente francese Emmanuel Macron al Financial Times. I due leader, scrive MF, hanno definito i principi generali della revisione, rinviando (attraverso i siti internet di Palazzo Chigi e dell'Eliseo) a un documento firmato dai consiglieri Francesco Giavazzi e Charles-Henri Weymuller, assieme agli economisti Veronica Guerrieri e Guido Lorenzoni. Da questo testo emergono anche i numeri che riguarderebbero i Paesi Ue. In particolare per l'Italia il piano comporterebbe un trasferimento del debito pandemico dalla Bce a un'agenzia europea per il 19,2% del pil e una riduzione dell'indebitamento fino al 110% del pil nel 2031 attraverso un tetto alla spesa. L'obiettivo è quello di definire norme più semplici e più attente alla crescita, in grado di garantire investimenti pubblici anche nei Paesi più indebitati. Inoltre sarebbero avviati di fatto gli Eurobond, richiesti dagli investitori internazionali e utili anche alla politica monetaria.

Il piano si basa su due pilastri, combinati tra loro: l'assunzione del debito da parte di un organismo Ue e nuove regole per i conti pubblici. Quanto al primo punto, i titoli emessi dai Paesi per far fronte alla pandemia dovrebbero essere trasferiti dalla Bce a una European Debt Management Agency, che potrebbe essere anche il Mes. Il passaggio avverrebbe in cinque anni. Così l'agenzia acquisirebbe dalla Bce debito italiano per 68 miliardi (3,8% del pil) ogni anno dal 2022 al 2026. Così si arriverebbe al 19,2% del pil, ovvero 340 miliardi: questo importo è il debito Covid, calcolato come incremento del dato nel 2020 e 2021. L'agenzia rileverebbe anche il 24,1% del debito spagnolo, il 17,8% di quello francese e il 12,6% di quello tedesco. Questo debito non sarebbe cancellato, ma rimarrebbe congelato nell'agenzia, che riceverebbe dagli Stati contributi annuali. Ma questi ultimi, definiti con una metodologia specifica, sarebbero inferiori alla spesa per interessi dei Paesi più indebitati. Per esempio l'Italia pagherebbe per i 68 miliardi un costo pari al 38% di quello attuale: 580 milioni, invece di 1,5 miliardi. L'ammontare inferiore è dovuto ai minori tassi che sarebbero richiesti dagli investitori all'agenzia Ue, sulla scia di quanto oggi accade per il Next Generation Eu, che però è uno strumento temporaneo. L'agenzia, che sarebbe in utile, avrebbe una struttura prolungata nel tempo, anche perché ogni anno dovrebbe acquistare titoli di Stato alla scadenza per tornare alla percentuale definita. Giavazzi e gli altri economisti hanno precisato che al debito Covid si potrebbe aggiungere anche quello legato alla crisi finanziaria del 2008-2009: 12,7% del pil per l'Italia, 17,5% per la Spagna, 18,5% per la Francia e 9% per la Germania.

Un effetto di rilievo, sottolineano gli autori, sarebbe quello di rafforzare l'indipendenza della Bce. Oggi Francoforte ha tetti massimi alle operazioni, come quello del 33% dei bond per emittente, per limitare acquisti su singoli Paesi. Il problema non si porrebbe con titoli europei. La banca centrale potrebbe superare i timori, soprattutto in Germania, di commistione tra politica monetaria e fiscale, concentrandosi sull'obiettivo di inflazione del 2%. I mercati avrebbero safe asset Ue molto liquidi. Oggi questi titoli sono scarsi, dati i pochi Bund in circolazione. La proposta di un fondo di ammortamento Ue è stata più volte avanzata dal governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco.

La seconda gamba della proposta di Giavazzi, Weymuller, Guerrieri e Lorenzoni riguarda le regole fiscali. Le norme sarebbero concentrate su un target di medio termine (dieci anni) per il rapporto debito/pil, da raggiungere con un unico strumento: un tetto alla spesa primaria, con una golden rule su certi tipi di uscite pubbliche.

red/cce

MF-DJ NEWS

2808:31 dic 2021

(END) Dow Jones Newswires

December 28, 2021 02:32 ET (07:32 GMT)