ROMA (MF-DJ)--La Russia arretra sul fronte economico. A dicembre, secondo il centro di ricerca Crea, Mosca ha incassato 640 milioni di euro al giorno grazie alle esportazioni di petrolio e gas. Il dato, scrive Milano Finanza, è in calo del 17% rispetto al mese precedente e del 36% rispetto a maggio 2022, quando gli introiti avevano toccato il miliardo quotidiano in scia alla fiammata dei prezzi dei combustibili fossili.

Beninteso, 640 milioni sono ancora una cifra enorme, più che sufficiente a foraggiare la guerra in Ucraina. Nel 2022 le tasse sulle esportazioni di petrolio e gas, fonte principale delle entrate russe, sono aumentate rispettivamente del 33% e del 200% rispetto al 2021. E tuttavia il gettito di dicembre rappresenta per il Cremlino la somma più bassa da che il conflitto è iniziato alla fine di febbraio dell'anno scorso. Secondo il Crea, il merito è in parte dell'avanzata dell'Unione Europea sul terreno delle sanzioni, in parte della discesa delle quotazioni degli idrocarburi. Il bando Ue al greggio russo e il tetto al suo prezzo hanno infatti causato una diminuzione del 12% delle entrate fossili di Mosca, mentre il rinculo dei corsi di petrolio e metano le ha poi ridotte di un ulteriore 23%. Difficile dire quanto questo secondo taglio sia frutto delle sanzioni europee e quanto dei venti di recessione globale. Il risultato, comunque, è che l'export quotidiano di Mosca è crollato di circa 160 milioni rispetto al mese di novembre e di 360 milioni rispetto al record di maggio 2022.

Certo, secondo il think-tank finlandese si potrebbe fare di più.

Il tetto al prezzo del petrolio russo andrebbe abbassato a 25-35 dollari, avvicinandolo al costo di produzione e trasporto del greggio e quindi abbattendo ancora il gettito per Mosca. Bruxelles potrebbe poi adottare un limite al prezzo del gas russo più realistico dei 180 euro concordati a fine dicembre e destinati a entrare in vigore a metà febbraio 2023. Soprattutto i Paesi Ue dovrebbero poi applicare un'ulteriore stretta sui trasporti di greggio russo verso Paesi terzi da parte di petroliere battenti bandiera europea.

Al momento, infatti, Mosca sta reindirizzando parte delle esportazioni verso gli Stati asiatici. A dicembre il Giappone è diventato il più grande importatore di gas naturale liquefatto dalla Russia. Cina, Corea del Sud, Turchia e India sono stati invece i maggiori acquirenti di carbone. L'Ue resta invece il principale destinatario delle forniture dei gasdotti russi che hanno garantito a Mosca 2 miliardi di introiti a dicembre. Ciononostante, l'azione combinata di sanzioni e discesa dei prezzi dell'energia sta danneggiando il bilancio di Vladimir Putin, eccome. A dicembre 2022 il paese ha registrato il suo primo disavanzo mensile da inizio conflitto, oltre 3.900 miliardi di rubli (53 miliardi di euro), abbastanza per mandare in rosso l'intero anno. Il 2022 si è così concluso per le finanze di Mosca con un deficit del 2,3% del pil (47 miliardi), il dato più alto della storia della Russia moderna, fatta eccezione per il 2020 della pandemia e del petrolio sotto zero.

La spesa pubblica totale di Mosca nel 2022 è stata di 424 miliardi, superiore di 1/3 rispetto alle previsioni pre-belliche e di 1/4 rispetto alla somma impegnata nel 2021.

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1308:20 gen 2023


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January 13, 2023 02:21 ET (07:21 GMT)