Torniamo alla storia. Lo scenario: un'industria simbolica indebolita dal cataclisma elettrico e una classe operaia indebolita che ritrova l'affetto perduto per le battaglie sindacali. Il contesto: il Midwest altamente industriale e lo stato politico chiave del Michigan. Al centro della scena: tre colossi automobilistici (Ford, General Motors e Stellantis) che sono stati lasciati indietro dall'agilità e dai nervi saldi della nuova arrivata Tesla, di fronte a un'istituzione potentissima (UAW), con 700.000 iscritti tra le sue fila. Dietro le quinte, i due portabandiera della frattura elettorale americana (Joe Biden e Donald Trump), desiderosi di simpatia, a volte osservatori, a volte protagonisti della scena. Nel corridoio: Elon Musk, sempre pronto ad alimentare le fiamme.

Tutto comincia con una richiesta di rivalutazione delle condizioni salariali: una "semplice" richiesta, benché consistente (aumento del 30-40%, quando il salario medio dei lavoratori del settore è aumentato solo del 9% dal 1979), che viene rifiutata dalle case automobilistiche, intrappolate nel mezzo. L’appello viene rifiutato dalle case automobilistiche, che si trovano tra l'incudine e il martello a causa di una concorrenza agguerrita (nazionale, elettrica, cinese), e sono sull'orlo di una profonda trasformazione delle loro attività, ma, va detto, hanno goduto di profitti eccezionali negli ultimi anni.

Il confronto ha poi assunto una dimensione nazionale. In un contesto di inflazione, aumento delle disuguaglianze e profondo scollamento tra produttività e salari, ha permesso al duello presidenziale di salire sul ring, portando con sé coorti di elettori: Il 75% degli americani sosterrebbe il movimento degli scioperi e il 71% il lavoro dei sindacati, un livello che non si vedeva da oltre quattro decenni.

E c’è poi anche quest’altra questione. In un'America intensamente polarizzata, gli scontri tra chi è pro e chi è contro i sindacati sono a ogni livello: nei cortili delle scuole, alle macchinette del caffè e nei consigli di amministrazione. Una manna per il clan presidenziale, che ha brandito uno studio: il divario salariale tra un membro del sindacato e un non membro con lo stesso profilo professionale è del 15% a favore del membro sindacale, senza contare le indennità accessorie. E per Joe Biden, che è andato a mostrare il suo sostegno agli scioperanti, con il cappello dell'UAW ben calcato sulle orecchie.

È stata anche un’occasione d’oro per Elon Musk, che non si è preoccupato dei desiderata sociali nelle sue fabbriche Tesla, approfittando del rallentamento dei suoi colleghi per aumentare il suo vantaggio. Infine, è un’occasione d’oro per Donald Trump, che si sta dando una piattaforma per denigrare le posizioni e i risultati economici e politici del suo vecchio avversario e per assicurarsi il sostegno di questa base elettorale, storicamente dalla sua parte.

Ford ha già ceduto in modo significativo ad alcune delle richieste delle sue forze trainanti, ma non abbastanza, e le discussioni rimangono accese presso GM e Stellantis. Una cosa è certa: il rinnovato vigore del movimento sindacale sta scuotendo tutti i partecipanti a questa grande confusione. Dieci giorni di scioperi nei tre principali stabilimenti potrebbero costare all'economia statunitense fino a 5 miliardi di dollari di mancati introiti. E le agitazioni potrebbero estendersi anche ad altre case automobilistiche, al tramonto di una stagione importante per le vendite di auto.

Vignetta di Amandine Victor