ROMA (MF-DJ)--Bankitalia taglia le stime del Pil 2022 al 3,8%, dal 4%
indicato a dicembre. I livelli di crescita pre-covid dovrebbero essere
raggiunti entro il 1* semestre. A frenare la ripresa sono la risalita dei
contagi e la corsa dell'inflazione dovuta all'impennata dei beni
energetici. Una forte decelerazione dell'attivitá economica si è
registrata a partire dal 4* trimestre quando il prodotto ha mostrato un
incremento dello 0,5%. Se sul fronte dell'attivitá economica c'è qualche
incertezza, migliora -secondo quanto sottolineato dalla Banca d'Italia nel bollettino economico- la situazione dei conti pubblici. Nel 2021, il
rapporto deficit/Pil dovrebbe essersi collocato a un livello
"significativamente" piú basso rispetto all'anno precedente e a quanto
indicato nelle stime governative. Anche il rapporto debito/Pil dovrebbe
essere diminuito piú di quanto atteso nella Nadef, risultando dell'ordine
del 150%, contro un livello di circa il 155 nel 2020 e di quasi il 135 nel 2019.
Nel 2023 il Pil dovrebbe crescere del 2,5% e nel 2024 dell'1,7%. Sulle
prospettive di crescita gravano molteplici rischi. Nel breve termine,
spiega Banca d'Italia, l'incertezza che circonda il quadro previsivo è
connessa con le condizioni sanitarie e con le tensioni sul lato
dell'offerta, che potrebbero rivelarsi "piú persistenti delle attese e
mostrare un grado di trasmissione all'economia reale piú accentuato". Nel
medio termine, le proiezioni rimangono condizionate alla "piena"
attuazione dei programmi di spesa inclusi nella manovra di bilancio e alla realizzazione completa e tempestiva degli interventi previsti dal Pnrr.
Quanto all'inflazione, Via Nazionale ha rivisto al rialzo la stima per
il 2022, fissando l'aumento dei prezzi al 3,5% in media d'anno, a fronte
del 2,8% indicato a dicembre. L'incremento sarebbe quasi interamente
ascrivibile al rincaro dei beni energetici. Al netto delle componenti
volatili la variazione annuale dei prezzi resta moderata. Gli aumenti dei
costi di produzione si sono trasmessi finora solo in misura modesta sui
prezzi al dettaglio. I prezzi al consumo dovrebbero salire del 3,5% nella
media del 2022, dell'1,6 nel 2023 e dell'1,7 nel 2024. La componente di
fondo sarebbe pari all'1% quest'anno e aumenterebbe progressivamente fino
all'1,6 nel 2024, sostenuta dalla riduzione dei margini di capacitá
inutilizzata e dall'andamento delle retribuzioni. Nell'area dell'euro
l'inflazione si è portata a dicembre al 5%, il valore piú elevato
dall'avvio dell'Unione monetaria, a causa dei rincari eccezionali della
componente energetica, in particolare del gas che risente in Europa anche
di fattori di natura geopolitica.
Miglioramenti sono attesi nel mercato del lavoro: il numero di occupati
dovrebbe crescere gradualmente e tornare ai livelli pre-crisi alla fine
del 2022. Dall'estate scorsa, la ripresa della domanda di lavoro si è
tradotta in un aumento delle ore lavorate, in una riduzione del ricorso
agli strumenti di integrazione salariale e in un recupero delle assunzioni a tempo indeterminato. La rimozione del blocco dei licenziamenti in tutti i settori non ha avuto ripercussioni significative. Il ristagno del tasso di disoccupazione riflette il progressivo recupero dell'offerta di lavoro, che si avvicina ai valori pre-pandemici. La dinamica dei rinnovi contrattuali non prefigura significative accelerazioni dei salari nel 2022.
vs/liv
(END) Dow Jones Newswires
January 21, 2022 12:01 ET (17:01 GMT)