ROMA (MF-DJ)--La crescita del Pil italiano è stimata al +3,4% nel 2022.
A rallentare la crescita nazionale - quasi un punto sotto le previsioni
pre-shock Ucraina - è soprattutto la frenata di consumi e investimenti,
in entrambi i casi con effetti di composizione sfavorevoli al Mezzogiorno
tali da determinare la riapertura della forbice Nord-Sud nel ritmo di
crescita (+2,8% nel Mezzogiorno, +3,6% nel Centro Nord) che prima del
nuovo shock sembrava potesse rimarginarsi. Il Mezzogiorno, comunque,
recupera nel biennio 2021-2022 i livelli di Pil pre-pandemia. Ma rischi
potrebbero emergere anche dalle tensioni sui mercati e dallo spread.
E' quanto emerge dal Rapporto Svimez che precisa come a frenare
dovrebbero essere soprattutto i consumi delle famiglie italiane meno
abbienti, sui cui bilanci incide maggiormente l'aumento dei prezzi dei
beni di prima necessitá. Un'asimmetria tra famiglie che si traduce
meccanicamente in un'asimmetria territoriale sfavorevole al Sud, dove piú
di un terzo delle famiglie si posiziona nel primo quintile di spesa
familiare mensile equivalente, contro il 14,4% del Centro e meno del 13%
nel Nord.
Successivamente alla caduta del Governo Draghi, evidenzia lo Svimez,
sono emerse delle tensioni nei mercati finanziari internazionali segnalate dal repentino innalzamento dello spread. Le "tradizionali" preoccupazioni sulla tenuta dei nostri conti pubblici sono state accompagnate dai timori che il tempo necessario per le nuove elezioni politiche e la formazione del nuovo esecutivo possa rallentare il rigido cronoprogramma su cui è basata la piena implementazione del Pnrr.
Il Rapporto valuta quindi che, rispetto allo scenario base, una
prolungata situazione di tensione nei mercati finanziari possa determinare una perdita di Pil, nel biennio 2022-2023, di circa sette decimi di punto percentuale a livello nazionale. Nel Sud, la perdita di Pil arriverebbe al punto percentuale, mentre nel resto del Paese risulterebbe piú contenuta arrestandosi a sei decimi di punto.
Gli investimenti crescono al Sud piú che al Nord nel 2022: +12,2%
contro il +10,1%. Al Sud però spingono la crescita soprattutto quelli nel
settore delle costruzioni, grazie allo stimolo pubblico (ecobonus 110% e
interventi finanziati dal Pnnr); la crescita degli investimenti orientati
all'ampliamento della capacitá produttiva è invece inferiore di tre
punti a quella del Centro-Nord (+7% contro +10%).
Nel biennio 2023-2024, in un contesto di drastica riduzione del ritmo di crescita nazionale (+1,5% nel 2023; +1,8% nel 2024), Il Mezzogiorno fa
segnare tassi di variazione del Pil inferiori al resto del Paese,
nonostante il significativo contributo alla crescita del Pnrr. Nel 2023,
il Pil dovrebbe segnare un incremento dell'1,7% nelle regioni
centrosettentrionali, e dello 0,9% in quelle del Sud. Nel 2024, si
manterrebbe un divario di crescita a sfavore del Sud di circa 6 decimi di
punto: +1,9% al nord contro il +1,3% del Sud.
L'impatto dello shock inflazionistico sui consumi dovrebbe estendersi a
tutto il biennio 2023-2024 a causa della persistenza temporale
dell'effetto di erosione del potere d'acquisto di redditi e risparmi delle famiglie, con impatti amplificati al Sud. Analogamente, lo shock sui costi di produzione si dovrebbe trascinare nel biennio incidendo sulle decisioni di investimento delle imprese, che dovrebbero seguire una dinamica piú bilanciata tra componente in costruzioni e macchinari nel Centro Nord, mentre al Sud prevarrebbe ancora l'effetto di stimolo determinato dalla ripresa degli investimenti pubblici, a svantaggio della crescita degli investimenti in macchinari e attrezzature.
gug
guglielmo.valia@mfdowjones.it
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August 03, 2022 07:50 ET (11:50 GMT)