ROMA (MF-DJ)--È stato uno shock. I correntisti americani si sono risvegliati bruscamente dal letargo durato 15 anni della lunga fase di costo del denaro sui minimi. I fallimenti a sorpresa delle tre banche regionali Usa a marzo (Svb, Silvergate Bank e Signature Bank) hanno subito innescato tra i risparmiatori una crisi di fiducia e timori sul reale stato di salute delle banche, provocando in pochi giorni una fuoriuscita di diverse centinaia di miliardi di dollari dai conti correnti degli istituti medi-piccoli verso parcheggi ritenuti più sicuri come i fondi monetari o titoli di Stato che grazie al rialzo dei tassi mostrano rendimenti di nuovo attraenti. Ad esempio a un anno il Treasury (il titolo di Stato del tesoro americano) rende il 4,8% lordo, a tre mesi dà il 5,2%. Blackrock ha affermato che nel primo trimestre i suoi fondi monetari hanno attirato una raccolta di 8 miliardi di dollari, mentre erano in negativo per 43 milioni nello stesso periodo 2022. Una parte del denaro in uscita dalle banche regionali si è spostata anche verso le grandi banche. I 25 maggiori istituti Usa hanno guadagnato 18 miliardi di dollari in depositi il mese scorso, mentre quelli sotto di quella dimensione hanno perso 212 miliardi di dollari. L'allarme è poi rientrato e oggi la situazione appare più tranquilla anche grazie all'intervento della Fed che ha protetto i correntisti delle tre banche in crisi.

Ma ciò non toglie che l'episodio dei fallimenti abbia fatto uscire, nel giro di poco tempo, i depositanti americani dal torpore dei lunghi anni di tassi a zero rendendoli consapevoli del fatto che mentre la Fed ha alzato i tassi al ritmo più rapido dagli anni 80 portandoli al 4,75-5% con nove incrementi in questi ultimi 12 mesi, per combattere l'inflazione, nel frattempo i rendimenti dei conti correnti americani non si sono mossi: segnano lo 0,37% secondo gli ultimi dati medi a marzo in leggero rialzo dallo 0,06% di un anno fa. Per anni le banche hanno ridotto al minimo gli interessi sui conti correnti dato il livello a zero del costo del denaro. Nell'era dei tassi super bassi i clienti avevano pochi incentivi a spostare i loro soldi altrove. Gli istituti hanno iniziato a fare affidamento su di loro come fonte di finanziamento a buon mercato che potevano utilizzare per concedere prestiti o acquistare obbligazioni. E, inoltre, sono state inondate di liquidità con la pandemia. Ma i clienti, finora soddisfatti di tenere i loro soldi in conti che non pagavano interessi, hanno deciso di non esserlo più.

Così la repentina ripresa del costo del denaro, dopo aver avuto impatti rilevanti sul mondo obbligazionario nell'ultimo anno, inizia a sortire i suoi effetti anche su conti correnti, per lo meno negli Usa. «I titolari dei depositi bancari sono in letargo da quasi 15 anni. L'avvio dei programmi di allentamento quantitativo e della politica dei tassi negativi ha penalizzato il rendimento dei conti di risparmio, trasformando la liquidità in un'asset class dormiente. Inizialmente, l'attuale ciclo di inasprimento monetario negli Stati Uniti non ha modificato tale dinamica, lasciando immobili i tassi sui conti di risparmio», ricorda un'analisi di Jp Morgan Asset Management. Ma ora le cose stanno cambiando. Ad accelerare una tendenza che prima o poi si sarebbe manifestata anche sui conti correnti, quella dell'aumento dei tassi pagati ai risparmiatori, è stata la recente crisi bancaria scoppiata con il caso Svb che, dice Jp Morgan Am, "ha risvegliato i risparmiatori dal loro letargo". A marzo i fondi monetari, un 'lternativa al parcheggio della liquidità, hanno registrato sottoscrizioni per 430 miliardi di dollari, il maggior afflusso mensile dall'inizio della pandemia di Covid. "Apple ha appena lanciato un conto di deposito con un rendimento del 4,15% con Goldman Sachs", ricorda Mark Haefele, chief investment officer del Wealth Management di Ubs (si veda articolo a pagina 8). Ciò, secondo Haefele, "sottolinea la crescente concorrenza negli Stati Uniti tra gli istituti di credito per il risparmio retail". E riflette anche un crescente interesse per gli investimenti in liquidità poiché con i timori di recessione ora dominanti, gli investitori possono trovare un certo grado di sicurezza nei depositi che offrono rendimenti. E se i gruppi di più piccole dimensioni, i più colpiti dalla crisi di Svb, hanno già iniziato ad alzare i tassi sui conti correnti per evitare ulteriori fughe, anche i colossi del credito sono sotto pressione e iniziando a remunerare di più per impedire ai clienti di portare i loro risparmi altrove. Citigroup ha alzato i tassi al 2,72% sui depositi nel primo trimestre, in aumento rispetto al 2,1% di fine 2022. Jp Morgan li ha portati all'1,85%, in crescita rispetto all'1,37%, mentre Wells Fargo ha l'1,22%, in rialzo dallo 0,70%. Incrementi che non hanno comunque penalizzato il reddito netto da interessi, ovvero gli utili che guadagnano sui prestiti meno quello che pagano sui depositi.

Ad esempio in Jp Morgan, la più grande banca americana, il reddito netto da interessi nel primo trimestre è aumentato del 49% al record di 20,71 miliardi di dollari. In Italia deve ancora partire la stagione delle trimestrali, ma dalle stime degli analisti emergono chiare indicazioni che anche le banche del Paese faranno un pieno di utili grazie al margine da interessi. I tassi sui conti correnti restano infatti sui minimi e quelli sui prestiti si sono alzati, senza che ci siano particolari pressioni dal mercato, come sta accadendo negli Usa, per un aumento della remunerazione dei c/c. Dai dati Abi emerge che in Italia il tasso medio sul totale dei prestiti è del 3,81% a marzo dal 2,14% di marzo 2022, mentre il tasso attivo sui conti correnti è allo 0,26% dallo 0,02% di 12 mesi prima. Nel frattempo i costi, come emerge dalla nuova rilevazione di MF-Milano Finanza, non accennano a scendere sebbene qualche istituto abbia comunicato ritocchi al ribasso. Ma in alcuni casi si tratta di interventi compensati di aumenti di altre voci.

Per confrontare le varie offerte MF-Milano Finanza ha raccolto gli Icc (che gli istituti devono calcolare secondo le regole della Banca di Italia) dei conti correnti tradizionali e online in vetrina delle principali banche italiane e del Bancoposta con la loro evoluzione nel corso dell'ultimo anno (per il profilo famiglie operatività media, ovvero 224 operazioni l'anno, si veda tabella in pagina).

Come emerge dai dati non ci sono stati decrementi nel periodo, molti sono rimasti stabili, per qualcuno sono saliti: in particolare da gennaio scorso si notano aumenti negli Icc di Fineco, Banco Posta, Bnl Bnp Paribas e Ibl. L'Icc non comprende l'imposta di bollo di 34,2 euro l'anno sulle giacenze sopra i 5 mila euro e gli eventuali interessi attivi e passivi. E' riportato nel documento informativo sulle spese del conto che le banche devono inserire nei siti e anche negli estratti conto annuali. Poiché l'Icc esprime un costo indicativo, che può differire da quello effettivo, è necessario che il correntista, leggendo il riepilogo di fine anno, confronti le spese concretamente sostenute con l'Icc di riferimento per capire se, grazie alla portabilità, non convenga cambiare banca (e solitamente tra i conti online si può risparmiare).

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2409:50 apr 2023


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