WASHINGTON (awp/ats/ans) - La Federal Reserve ha compiuto "considerevoli progressi" sull'inflazione ma servono "altri dati positivi" prima di procedere con un taglio dei tassi di interesse. Il presidente della banca centrale americana Jerome Powell non si lega le mani sui tempi di una riduzione del costo del denaro e ribadisce che la Fed continua a "decidere riunione per riunione", considerato anche che l'inflazione elevata "non è l'unico rischio che ci troviamo ad affrontare".

Wall Street reagisce in modo freddo alle parole di Powell, che non alterano molto il suo messaggio degli ultimi mesi, e procede la seduta in altalena. Le piazze finanziarie europee chiudono invece tutte in calo.

Dando per scontato che non ci sarà alcun taglio dei tassi in luglio e sperando in una riduzione in settembre, gli investitori sono concentrati sull'avvio della stagione delle trimestrali della maggiori società americane, per le quali è atteso un aumento medio dei profitti del 9% per i tre mesi da aprile e giugno. Le aspettative sono particolarmente alte per i colossi di Wall Street: per le divisioni di investment banking di JPMorgan, Goldman Sachs e Citigroup è previsto un balzo dei ricavi del 30%.

"La prossima mossa" della Fed "non sarà probabilmente un aumento dei tassi. Ma non ci aspettiamo che sia appropriato ridurre il costo del denaro fino a quando non avremo una maggiore fiducia su un'inflazione in calo in modo sostenibile verso l'obiettivo del 2%", ha detto Powell in un'audizione alla commissione bancaria del Senato. In maggio l'inflazione è scesa al 2,6% dal 4% di un anno fa, e la prossima rilevazione è attesa questo giovedì.

Per ridurre i tassi, ha comunque precisato Powell, "non vogliamo vedere l'inflazione al 2%". Il costo del denaro è in una forchetta fra il 5,25% e il 5,5%, ai massimi da 23 anni, da quasi un anno.

Il presidente della Fed ha quindi spiegato che la banca centrale deve cercare di bilanciare i rischi fra un taglio prematuro e uno in ritardo. "Se allentiamo la politica monetaria troppo tardi o troppo poco, potremmo causare danni all'economia. Se l'allentiamo troppo o troppo presto rischiamo di mettere a rischio i progressi sull'inflazione", ha osservato notando come l'economia continua a crescere anche se rallentata e il mercato del lavoro è solido ma non è più fonte di pressioni inflazionistiche.

Powell è stato poi incalzato sull'indipendenza della Fed, un tema che gli è caro e sul quale si batte da tempo. "È essenziale", ha detto senza esitazione a chi gli chiedeva delle recenti indiscrezioni su un piano elaborato dai consiglieri di Donald Trump per limitare l'indipendenza dell'istituto.

L'iniziativa prevede che il presidente sia consultato sulle decisioni sui tassi e che il Tesoro americano controlli la banca centrale. Il piano stabilisce inoltre che Trump avrebbe il potere di cacciare Powell - nominato dallo stesso ex presidente - prima della fine del suo mandato nel 2026. Sui "rumors" Powell non entra, consapevole di essere in una posizione delicata.

Un possibile taglio dei tassi in settembre potrebbe esporre la Fed a critiche politiche e, per questo, molti ritengono che la banca centrale non agirà fino a novembre, quando si riunirà il 6 e il 7, nei giorni successivi alle elezioni americane.