I prezzi del barile hanno registrato un'impennata, con un balzo del 10% dal 5 giugno. A prima vista, si potrebbe pensare che il Brent abbia messo la testa a posto grazie all'OPEC+, che ha tenuto un vertice non lontano da quella data per riposizionare la sua politica fino alla fine dell'anno. Ebbene, hanno mancato il bersaglio! Invece, il cartello allargato ha spianato la strada all'allentamento dei tagli alla produzione entro la fine dell'anno. Si tratta di una sorpresa, vista la debolezza dei prezzi del petrolio da aprile, ma il cartello allargato non corre troppi rischi assicurando che l'aumento della produzione può essere interrotto o invertito a seconda delle condizioni di mercato.

La chiave di lettura sta nei meccanismi monetari, poiché il petrolio, come altri asset rischiosi, ha un certo legame causale con i tassi di interesse delle banche centrali. In questo caso, il prezzo del greggio ha beneficiato del primo taglio dei tassi della BCE e degli ultimi dati sull'inflazione statunitense, accolti favorevolmente dagli investitori in quanto inferiori alle aspettative. Si tratta di una buona notizia per il petrolio, in quanto offre alla Fed un maggiore margine di manovra per allentare la politica monetaria, il che è sinonimo di un'economia fiorente e di una crescente domanda di petrolio.

Questa scorciatoia spiega in larga misura il forte slancio del petrolio, ma non tutti sono d'accordo. Infatti, l'Agenzia Internazionale dell'Energia sta facendo l'avvocato del diavolo, avendo nuovamente rivisto al ribasso le stime di crescita della domanda a 0,96 milioni di barili al giorno nel 2024 (rispetto agli 1,3 mbpd di marzo). Si tratta di una previsione molto lontana da quella dell'OPEC, che vede la domanda globale crescere di circa 2,2 milioni di barili al giorno quest'anno.