NEUCHÂTEL (awp/ats) - Stabilità in materia di rincaro aziendale, perlomeno a livello mensile: in giugno i prezzi alla produzione e all'importazione sono rimasti immutati rispetto a maggio. Su base annua si regista per contro una flessione dell'1,9%, ciò che costituisce il 14esimo arretramento consecutivo, emerge dalle informazioni diffuse stamani dall'Ufficio federale di statistica (UST).

Nel dettaglio, per quanto riguarda il dato sui soli prezzi alla produzione - che mostra l'evoluzione dei prodotti indigeni - si è assistito rispettivamente a un aumento dello 0,1% (mensile) e un calo dell'1,2% (annuo). Nel confronto con maggio sono diventati più a buon mercato soprattutto i prodotti petroliferi; si sono invece fatti più cari gli alimentari.

Il secondo sottoindice, quello dei prezzi all'importazione, presenta un'evoluzione un po' diversa: risulta in contrazione sia il dato mensile (-0,2%) che quello in rapporto a giugno 2023 (-3,2%). Si è fra l'altro dovuto pagare di più - sempre nel paragone mensile - per metalli, calzature e caffè; prezzi in flessione sono stati osservati invece per il petrolio greggio, il gas naturale e altri prodotti petroliferi, come pure per le automobili.

L'indice dei prezzi alla produzione e all'importazione è un indicatore congiunturale che riflette l'andamento dell'offerta e della domanda sui mercati dei beni, spiegava tempo fa l'UST. Il dato è considerato un parametro importante per capire lo sviluppo dei prezzi al consumo (cioè l'inflazione), poiché i costi di produzione sono normalmente trasferiti sui prodotti finali. Tuttavia mostra oscillazioni significativamente più marcate ed è molto più volatile a causa della forte dipendenza dalle materie prime.

Come si ricorderà in Svizzera l'inflazione si è attestata in giugno all'1,3%, in lieve calo rispetto all'1,4% di maggio: si tratta di dati in linea con l'obiettivo di stabilità dei prezzi della Banca nazionale svizzera (BNS), che l'istituto identifica in un incremento annuo inferiore al 2%. I vari attori economici che pubblicano previsioni sul tema (a titolo d'esempio Seco, Ocse, KOF, Economiesuisse, UBS, Fondo monetario internazionale e altri ancora) pronosticano che nel 2024 il rincaro si attesterà a valori compresi fra l'1,2% e l'1,7%; per quanto riguarda il 2025 le stime si muovono in una fascia fra lo 0,5% e l'1,4%. Nel 2023 l'inflazione si era attestata al 2,1%, l'anno prima al 2,8%, in forte aumento rispetto allo 0,6% del 2021 e al -0,7% (rincaro negativo) del 2020.