MILANO (MF-DJ)--Far calare il debito pubblico monstre dell'Italia è possibile, purché si possa contare sulla crescita dell'economia e la stabilità. Lo spiega in questa intervista con Milano Finanza, Davide Iacovoni, responsabile del debito pubblico del Tesoro. E nel futuro si punta ad avvicinare il retail senza intermediazioni, grazie alla tecnologia

Domanda. L'esplosione del debito pubblico italiano è iniziata più di 35 anni fa e da allora non si è più riusciti a scendere sotto il 100%. Una situazione irreversibile?

Risposta. L'Italia ha vissuto periodi di riduzione del debito pubblico a livelli intorno al 100%. Ci siamo andati vicini soprattutto nella seconda metà degli anni Novanta, sulla spinta dell'ingresso nell'Unione monetaria.

D. E oggi?

R. Oggi il contesto è molto diverso, diciamo che negli ultimi anni prima della pandemia si è riusciti a evitare l'ulteriore salita del debito grazie ad avanzi primari non insignificanti ma la crescita troppo lenta non ha consentito di arrivare a un calo. Inoltre abbiamo vissuto, anche prima della pandemia, periodi di crisi che hanno rallentato il percorso di riduzione, prima quella dei debiti sovrani dell'eurozona del 2011-2012, poi quella interna del 2018. Sono state fasi complesse per la gestione del debito, con un incremento dei tassi e una recessione violenta nel primo caso e una forte risalita dei rendimenti, anche se temporanea, nel secondo.

D. Riusciremo a invertire significativamente la tendenza nei prossimi anni?

R. La storia ci dice che siamo in grado di produrre una discesa significativa del debito e oggi, al netto di effetti esogeni, le condizioni ci sono. In particolare c'è un fattore tecnico importante che aiuterà nei prossimi anni: il differenziale tra il tasso medio di interesse e la crescita nominale con elevata probabilità sarà negativo, con il primo sotto la crescita per diversi anni. Anche con avanzi primari negativi, il debito in questa situazione rientrerebbe da solo. Insomma la crescita del debito non è irreversibile, ci sono tutte le condizioni per una discesa, chiaramente sarà fondamentale anche che le risorse europee siano utilizzate tutte e bene, per aumentare strutturalmente il potenziale di crescita rispetto a quella anemica degli anni passati. Se questo quadro tiene non c'è possibilità che il debito non scenda.

D. Quale sarà il trend del costo del debito?

R. Il costo medio del debito continuerà a ridursi perché le nuove emissioni costano molto meno della media dello stock. Un primo fattore che aiuterà la riduzione del rapporto debito/pil. D'altra parte, anche dopo il rimbalzo del 6% del Prodotto nel 2021, il ritmo dovrebbe rimanere piuttosto sostenuto anche nei prossimi anni, contribuendo anch'esso all'obiettivo. L'altro fattore saranno gli avanzi primari. La politica di bilancio sarà ancora espansiva fino al 2024 ma poi sarà importante ricreare gradualmente le condizioni per avanzi primari positivi, per riportare il debito in linea con i livelli pre-COVID entro il 2030. Lo scenario base in cui ci muoviamo è molto realistico e per nulla ambizioso il debito potrebbe scendere anche più rapidamente, poi possono sempre esserci imprevisti, però noi siamo pronti a evitare che ci colgano impreparati.

D. Com'è cambiata negli ultimi anni la gestione del debito pubblico?

R. Negli anni abbiamo messo in campo tante innovazioni e direi che da tempo ormai non stiamo mai fermi. Un po' perché spinti da periodiche crisi, un po' dall'innovazione finanziaria, un po' dalle specificità del nostro debito. Abbiamo lavorato molto sulla diversificazione dei prodotti ma anche su meccanismi come quello dell'indicizzazione dei cct, passando al ccteu, che è un titolo di nicchia ma molto apprezzato dal mercato. Abbiamo poi introdotto numerose nuove scadenze lunghe sui btp e aperto tutto il fronte retail, con innovazione sia di strumenti che di modalità di emissione. Abbiamo puntato anche su un miglior funzionamento delle aste e sulla liquidità del mercato secondario attraverso una continua ricalibrazione dei parametri usati per la valutazione dell'attività degli Specialisti.

D. Cos'è cambiato con la pandemia?

R. La pandemia ci ha accelerato dei processi e ci ha portato a mettere in campo una serie di interventi: dalla riapertura dei titoli direttamente sul secondario a un utilizzo più esteso delle sindacazioni al lancio di nuovi strumenti come il Btp green, un titolo molto complesso in termini di informazioni da fornire al mercato prima e dopo le emissioni, ma fortemente voluto perché non è più possibile prescindere dal tema sostenibilità. Frutto della pandemia sono anche le emissioni dedicate all'emergenza COVID e alla ripresa economica come il Btp Italia e il nuovo Btp Futura, il prodotto solo retail e agganciato alla crescita su cui ragionavamo da tempo. Abbiamo reso il cash management più efficiente, con l'introduzione dei pronti contro termine (i cosiddetti contratti repo), che consentono anche di fare provvista a breve-brevissimo termine a condizioni interessanti rispetto ai livelli a cui è oggi remunerata la nostra liquidità e di poterla fare in tutte le fasi di mercato anche di stress. Uno strumento che ci consente anche di impiegare liquidità, riprendendo titoli, e avere così un portafoglio a disposizione per un migliore funzionamento del mercato stesso, come già avviene in altri Paesi.

D. Un'innovazione di sistema quest'ultima?

R. Lo è stata. Ha richiesto tantissimo lavoro, coinvolgendo anche Mts (dove le operazioni repo vengono eseguite), Cassa compensazione e garanzia, Monte titoli e siamo davvero soddisfatti del risultato.

D. Cosa resterà degli strumenti messi in campo per fronteggiare l'emergenza Coronavirus?

R. La pandemia ha ribadito l'esigenza di avere un approccio flessibile nella gestione del debito, potendo contare su tecniche e strumenti diversificati. Quanto all'eredità di questa esperienza direi che ha confermato la strategicità della stabilità del sistema nel suo complesso. Per noi è stato fondamentale poter contare sulla reattività di Mts, Cassa compensazione e Monte titoli per esempio.

D. Potrebbe cambiare qualcosa ora che Borsa è passata sotto il cappello di Euronext?

R. Io voglio solo sottolineare che la crisi ha dimostrato ancora una volta l'importanza della filiera italiana, che è molto solida, offre strutture flessibili, sofisticate e in grado di rispondere a esigenze anche sistemiche. Fondamentale sarà continuare a mantenere altissimi livelli di standard tecnologici e non solo in tempi straordinari di crisi.

D. L'inflazione si è scaldata, la Bce finora ha rassicurato, ma cosa accadrà quando verranno meno gli stimoli della Banca centrale?

R. Innanzi ci troviamo in una situazione molto diversa da quella del 2011. Il contesto europeo è completamente mutato, con un diverso approccio alla rilevanza dei mercati del debito sovrano e alla necessità che questi non siano frammentati e consentano una trasmissione efficiente degli impulsi di politica monetaria. Sono stati introdotti meccanismi di solidarietà e da poco è in emissione il debito comune per NextgenEu, che oggi è uno strumento temporaneo ma che rappresentano comunque un segnale molto chiaro agli investitori. In passato le situazioni di criticità si sono acuite quando sembrava mancare una regia europea, con una forte frammentazione dei mercati. Infine, non ultima ovviamente in ordine di importanza, c'è la Bce. E' una protagonista cruciale e lo resterà anche con una futura riduzione della sua presenza, che comunque dovrebbe essere lenta e diluita nel tempo.

D. Insomma non immagina grandi scossoni dal ritorno alla normalità?

R. Sicuramente negli ultimi anni abbiamo subito, come mercato, qualche scossone, ma al di là di queste parentesi è ormai da parecchio tempo che c'è stabilità sia nella quotazione dei nostri titoli che nello spread. E penso che ci siano le condizioni perché con il progressivo ritirarsi della Bce possano subentrare al suo posto investitori privati attirati da titoli liquidi, che danno rendimenti e hanno una buona stabilità, come sono oggi quelli italiani. Ma cruciale sarà poter contare su un trend di debito in discesa e sul recupero di avanzi primari, che saranno al centro delle valutazioni degli investitori.

D. Si aspetta qualche novità positiva sul fronte delle agenzie di rating?

R. Non credo che avremo presto grosse novità ma i primi segnali sono incoraggianti e penso che non potranno altro che consolidarsi se riusciremo a sfruttare l'occasione del NextGenEu per portare a termine riforme e investimenti che possano restituire all'Italia una reale capacità di crescita. Diciamo che oggi si intravede finalmente un punto di svolta.

D. Crescerà il peso degli investitori internazionali?

R. Credo che le valutazioni degli investitori internazionali siano legate a una migliore percezione del rischio di credito del Paese e a fattori come rendimenti e stabilità. Da qui al prossimo anno non vedo all'orizzonte grandi cambiamenti nella struttura attuale, che vede gli investitori domestici al 70% circa e gli esteri al 30%. Più avanti se l'economia prenderà la giusta piega, il trend di discesa del debito si consoliderà e questo circolo virtuoso sarà recepito dalle agenzie di rating, si potrebbero creare le condizioni per cui una serie di operatori non potrebbero più non essere sul nostro debito, incrementando la quota dell'estero. Non immagino comunque una riduzione strutturale della componente nazionale.

D. E il retail?

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December 13, 2021 02:16 ET (07:16 GMT)