MILANO (MF-NW)--Il mercato automobilistico italiano prosegue la propria traiettoria di crescita, ma crescita non è sempre sinonimo di salute e di prospettive floride. I traguardi raggiunti dall'Italia non sono minimamente equiparabili ai dati del 2019, l'anno che ha preceduto la grande crisi globale. A questo si aggiunge che le autoimmatricolazioni, un fenomeno assodato da decenni nel mercato automotive, sono più alte quest'anno e falsano i dati. E poi c'è il grande tema ambientale, che le case automobilistiche e i regolatori provano a contrastare con la scommessa sulla transizione alle auto elettriche, seppur con alcune peripezie.

In questo quadro, però, l'Italia arranca. L'elettrico in Italia non decolla perché tutta l'ossatura che permetterebbe l'implementazione di un sistema efficiente e democratico è ancora troppo fragile. Oggi, in Italia la quota di immatricolazioni di veicoli elettrici è nettamente al di sotto della media europea: siamo a un 3,9% contro il 16% di media nell'Ue. Mancano incentivi che invoglino le persone a comprare le auto elettriche e manca una rete di ricarica che garantisca l'autonomia necessaria per spostarsi. E le Case automobilistiche sembrano puntare più sulla produzione di veicoli di fascia medio-alta perché danno margini maggiori, a discapito di chi sarebbe invece orientato ad acquistare un'auto meno costosa. Si innesca così un circolo vizioso, con un vuoto di offerta di auto più economiche che già oggi viene coperto dai produttori cinesi. L'industria automobilistica europea, e anche quella italiana, rischiano di cadere sotto il peso di questa dinamica, con penalizzazioni sul fronte della produzione e dell'occupazione. Gian Primo Quagliano, presidente del Centro Studi Promotor, centro di ricerca specializzato sul settore automobilistico, ne parla in quest'intervista a MF-Newswires.

Domanda: A seguito della pubblicazione dei dati del Mimit sulle immatricolazioni di settembre, qual è il vostro bilancio sul mercato italiano per i primi 9 mesi dell'anno e quali differenze vedete rispetto ai primi 9 mesi del 2022?

Risposta: Intanto rispetto al 2022 c'è un sensibile incremento perché le immatricolazioni sono cresciute del 20,57% e quindi siamo arrivati un po' più in là di quello che avevamo fatto nel 2022. Ma il 2022 era un anno veramente disperato; infatti, se facciamo il confronto con il periodo corrispondente prima della crisi, cioè con il 2019, siamo sotto del 19,8%. Non si può quindi essere soddisfatti di una situazione di questo tipo, anche se c'è una crescita rispetto all'anno precedente.

D. E infatti abbiamo visto che, nonostante questo paradigma di crescita a settembre, sui dati incidono molto le autoimmatricolazioni degli ultimi tre giorni del mese.

R. Le autoimmatricolazioni ci sono da sempre. Inizialmente erano un trucco dei concessionari per incassare dei premi, perché la loro struttura remunerativa è fatta da uno sconto sul listino, che in base ai periodi può essere del 14-15% o anche del 20% e poi ci sono dei premi che possono scattare in funzione di determinati input richiesti agli stessi dealer. Per esempio, se il concessionario ha una customer satisfaction positiva, cioè le rilevazioni che vengono raccolte dai questionari inviati ai clienti sono favorevoli, la casa può riconoscere un ulteriore premio, per esempio un altro 1%. E, tra l'altro, i premi vengono messi anche sugli obiettivi mensili di vendita. Molto tempo fa, i concessionari per avere il premio immatricolavano loro le autovetture e poi le vendevano come usato con chilometri zero. Queste non erano effettivamente auto usate, ma avevano un passaggio di proprietà sul libretto e quindi erano svalutate. Questo sistema è stato poi adottato dalle Case automobilistiche, che spingono anche a fare chilometri zero per smaltire un po' di prodotto e al contempo per cercare di migliorare la loro quota di mercato e, quindi, anche la loro reputazione sul mercato. Questo succede da decenni, ormai è istituzionalizzato. C'è sempre una certa quota di chilometri zero nelle immatricolazioni e quest'anno ce ne sono di più rispetto agli altri anni. Non ci sono dati ufficiali, ma il fenomeno riguarda tutti i tipi di vetture nuove, ma solo autovetture e non veicoli commerciali. Queste immatricolazioni variano di anno in anno a seconda dell'andamento del mercato. Per riassumere, il risultato di quest'anno è stato ottenuto anche con un fatturato che in parte è minore di quello che sarebbe se tutte queste vetture fossero state vendute al cliente finale.

D. I dati evidenziano anche che l'elettrico in Italia non decolla. Che scenario vedete voi per i prossimi mesi?

R. Il fatto che in Italia non decolli l'elettrico è un altro grande tema ed è dovuto a molte ragioni. Innanzitutto, ci sono degli incentivi strutturati male, perché ci sono sempre residui di fondi da utilizzare. E ci sono da diversi anni, ma non sono incentivi accattivanti come potrebbero essere. Poi ci sono tante altre difficoltà, come la distribuzione delle colonnine di ricarica. Per chi ha una sola macchina, l'elettrico è ancora una soluzione difficilmente accettabile, perché è meno versatile rispetto alle auto a combustione tradizionali. Le auto a combustione interna hanno una rete di distribuzione del carburante ben consolidata, mentre per l'elettrico siamo ancora indietro. C'è poi il tema dell'autonomia, perché le auto elettriche fanno meno chilometri rispetto alle auto tradizionali. Così in Italia le auto elettriche sono ferme più o meno a una quota sotto il 4% rispetto alla quota media del 16% nell'Unione europea. In Italia siamo quindi molto lontani dagli standard europei.

D. In che modo l'Italia potrebbe recuperare il ritardo che ha rispetto agli altri mercati dell'Unione europea?

R. Per prima cosa sarebbe bene che venissero proposti degli incentivi veramente efficienti, senza particolari vincoli di reddito o di tipo di acquirente. Questo significa dare degli incentivi all'elettrico che siano disponibili per tutti quelli che vogliono comprare una qualsiasi auto elettrica. Poi bisogna prevedere che occorre migliorare molto la rete di distribuzione dell'energia elettrica. Un aiuto potrebbe venire dalle wallbox, che sono delle prese di corrente accessibili da un cortile o direttamente dal garage, che faciliterebbero la ricarica dell'auto elettrica da casa propria. Il vento sta comunque cambiando sul fronte dell'auto elettrica, perché ci sono state due questioni davvero rilevanti. La prima è che il Regno Unito, che non fa più parte dell'Ue e che aveva deciso di vietare l'immatricolazione di auto a combustione interna (metano, gasolio e Gpl) a partire dal 2030, invece che dal 2035 come l'Europa, adesso ha deciso di allinearsi all'Unione europea e slittare al 2035. Intanto l'Unione europea sta dimostrando un atteggiamento più morbido nell'affrontare i problemi dell'ecologia e ha rimandato l'entrata in vigore del nuovo regolamento Euro 7 sulle emissioni per tutte le auto a combustione interna di un paio di anni. Gli standard di emissione sono rimasti gli stessi dell'Euro 6 e c'è stato semplicemente un inasprimento per un tipo di particolato emesso dal sistema frenante e dai pneumatici. Quindi c'è uno standard e viene inasprito, secondo me più per salvare la faccia che per una reale necessità. Comunque, questo vento nuovo soffia da poco e vedremo come andrà a finire.

D. Come vedete il modo di agire dell'Ue?

R. Si sta richiedendo agli automobilisti europei, ma di riflesso anche a tutti i cittadini, uno sforzo eccessivo. Queste esigenze ambientali non sono solo nostre ma anche di tutto il resto del mondo. Eppure in tutto il resto del mondo nessuno ti impone di abbandonare le auto a combustione interna; semmai, se vogliono seguire questa strada, danno degli incentivi veramente interessanti. Obblighi, Diktat come quelli dell'Unione europea, non hanno riscontro nel resto del mondo.

D. Altro grande tema è quello dell'aumento dei prezzi delle auto. Nella vostra analisi sul mercato automotive di settembre avete riportato che il 28% dei concessionari si attende nuovi aumenti dei prezzi.

R. I prezzi sono già aumentati sensibilmente e c'è una tendenza di incremento che non si è ancora annullata. C'è anche un altro aspetto: le Case automobilistiche europee si sono rese conto che in questo periodo post-pandemia e di guerra in Ucraina che se concentrano la produzione soltanto sulle auto di elite oppure di fascia media o medio-alta, conseguono utili molto interessanti; quindi, se ci sono da ritardare delle produzioni perché mancano dei componenti, si dà la precedenza alla produzione di auto di classe media o superiore. Il risultato è un vuoto di offerta di auto che costano meno, che sono quelle che interessano la maggior parte della popolazione. E questo vuoto d'offerta pare essere molto interessante per la produzione cinese. La produzione cinese è già presente in Italia e in Europa e si va rafforzando. Questo è un altro tema molto importante che sta emergendo che esigerà delle soluzioni, perché l'alternativa è una grande penalizzazione dell'industria automobilistica europea, non tanto in termini di profitto, ma in termini di produzione e di occupazione.

D. Quindi si può parlare di vera e propria avanzata cinese in Europa.

R. Sì, ci sono segnali più che concreti. C'è una presenza crescente della Cina su questo mercato. La Cina è molto avanti per l'elettrico nelle batterie e quindi la competizione dovrà fare i conti con lo stato di avanzamento delle batterie in Cina, anche se ci sono progetti per produrle anche in Europa e negli Stati Uniti.

D. Tornando al tema dei prezzi, secondo lei quanto incide il rialzo dei tassi sull'andamento del mercato?

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October 08, 2023 06:37 ET (10:37 GMT)