ROMA (MF-NW)--Ad un anno dall'avvio del governo Meloni il punto 3 del programma del centrodestra, ovvero le Riforme istituzionali e lo svolgimento dell'elezione diretta del Presidente della Repubblica, è finalmente pronto per il via. Già martedì, previo accordo tra i leader della maggioranza che dovrebbero incontrarsi lunedì, il testo di riforma costituzionale approderà sul tavolo del Consiglio dei ministri.

In realtà, scrive il Sole 24 Ore, in un anno è passata molta acqua sotto i ponti e il governo ha abbandonato per tempo la strada del presidenzialismo all'americana o del semipresidenzialismo alla francese per virare su una soluzione originale di premierato all'italiana: elezione diretta del Capo del governo nello stesso giorno in cui si rinnova il Parlamento tramite una legge elettorale maggioritaria che garantisca il 55% dei seggi al partito o alla coalizione vincente e dunque la governabilità.

Si è parlato di sindaco d'Italia, e in effetti il meccanismo messo a punto tra ministero delle Riforme retto da Elisabetta Casellati e Palazzo Chigi assomiglia a quello in vigore per l'elezione dei sindaci e dei governatori: il principio è quello del simul stabunt simul cadent, ossia il premier eletto è legato alla sua maggioranza e in caso di crisi la prima opzione è il ritorno alle urne. Unica via di uscita che emerge dal testo messo a punto dal governo è la cosiddetta "fiducia costruttiva", fortemente voluta dalla Lega: in caso di «cessazione dalla carica» del premier il Parlamento può proporre un sostituto purché sia espressione della stessa maggioranza uscita vincitrice dalle urne e che aveva votato la fiducia all'inizio della legislatura.

Nell'intenzione del centrodestra è una sorta di clausola antiribaltone, già presente per altro nella riforma Berlusconi-Bossi del 2005 poi bocciata dagli italiani al referendum confermativo del 2006. Ma è proprio su questo meccanismo di "fiducia costruttiva" che si sono concentrate negli ultimi giorni le perplessità di molti e - secondo fonti parlamentari - dello stesso Capo dello Stato Sergio Mattarella, che sarà chiamato ad autorizzare l'invio alle Camere del testo governativo dopo il via libera in Cdm. Il meccanismo infatti appare troppo rigido e "lega le mani" al Quirinale, che in caso di crisi provocata da un partito della maggioranza non avrebbe altra scelta che sciogliere le Camere.

Le perplessità fatte pervenire informalmente dal Quirinale hanno trovato orecchie attente a Palazzo Chigi. Per questo sono in queste ore allo studio soluzioni per dare maggiore flessibilità al sistema: ad esempio prevedendo che il premier eletto possa presentarsi in Parlamento per allargare la sua maggioranza o prevedendo una quota di favorevoli, ad esempio due terzi della maggioranza iniziale, per effettuare lo stesso tentativo.

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2610:30 ott 2023


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