ROMA (MF-DJ)--Dopo l'arresto dovuto alla crisi pandemica, nel 2021 c'è stato un forte rimbalzo degli scambi a livello internazionale, ma i servizi, pur segnando una crescita elevata (+17,2%), non sono riusciti a recuperare i livelli pre-crisi. A livello europeo si conferma la dinamica globale, mentre restringendo la lente sull'Italia la performance è stata meno positiva: a partire dal nuovo millennio l'export di servizi del nostro Paese ha iniziato ad accumulare ritardo rispetto alla media europea e, soprattutto, ai principali partner.

L'Italia, mentre si configura come un Paese ad alta vocazione all'export di beni, grazie alla contraddistinta capacità manifatturiera, fatica infatti a distinguersi nella fornitura di servizi all'estero, con un peso di questi ultimi sul Pil modesto rispetto ai principali peer. Tra il 2011 e il 2019, l'export di servizi è cresciuto a un tasso medio annuo del 4,1%, che scende all'1,1% considerando anche l'ultimo biennio. Nei primi dieci mesi del 2022 le esportazioni hanno segnato una crescita del 37,7% rispetto allo stesso periodo del 2021. Il trend positivo dovrebbe perdurare, secondo le stime, anche nel 2023, con un +2,6%, e nel triennio successivo (+3,6%, in media l'anno).

I dati sono contenuti nell'ultimo Report dell'Osservatorio Terziario di Manageritalia, in collaborazione con Sace, dal titolo "I servizi nel mondo di oggi e di domani: un treno che non si può perdere". I servizi sono sempre più intriseci al processo produttivo moderno e funzionali allo scambio di beni con l'estero, costituendo circa un quarto del valore aggiunto dell'export manifatturiero italiano.

Secondo i dati del Report, i servizi definibili "ad alta tecnologia" - architettura, ingegneria, consulenza professionale e manageriale, ricerca e sviluppo - guidano l'export italiano di servizi nel 2021 (26,2 miliardi di euro, con una incidenza sul totale pari al 30%), assumendo una certa rilevanza a seguito della pandemia e superando il turismo (21,7 miliardi, pari al 25%). Segue l'export di trasporti e logistica, con una quota dell'11% circa, in calo di quasi un terzo sul pre-crisi ma in crescita del 12% sul 2020.

Lombardia e Lazio rappresentano le regioni trainanti (26,5 e 15 miliardi di euro di servizi esportati, rispettivamente, nel 2021), seguite da Piemonte (5,2 miliardi), Veneto (4,5 miliardi) ed Emilia-Romagna (4,3 miliardi); in termini di incidenza rispetto alle vendite estere complessive si evidenzia il dato della Calabria (40%). Nel 2021 il 51% per cento dell'export italiano si è concentrato nell'Unione Europea, cui seguono Svizzera, Stati Uniti, Regno Unito e Cina.

Secondo un'analisi Constant Market Share (CMS), il ritardo di crescita accumulato nell'export di servizi italiano è da ricondursi in primis al basso livello di competitività della maggior parte del Terziario italiano. Le cause sono individuabili nei bassi livelli di produttività di quasi tutti i comparti del terziario (come già analizzato nel rapporto di giugno 2022 dell'Osservatorio), composizione forza lavoro per gender e dalla presenza di barriere al commercio.

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