BERLINO/ROMA (awp/ats/ans) - La fase conclusiva del 2023 mostra segni di frenata per la congiuntura dei paesi europei. La produzione industriale continua a mostrare una contrazione generalizzata, mentre un paese come la Germania, tradizionalmente la locomotiva del Vecchio Continente, finisce addirittura in recessione.

In Italia dal mondo dell'industria - che si conferma addirittura più debole rispetto a quello dei principali partner europei - arrivano indicazioni di una situazione sfavorevole, ma nel complesso con qualche barlume di ottimismo in più per il futuro. In particolare per quello che riguarda l'inflazione, le cui attese per i prossimi mesi si sono nettamente ridotte tornando su livelli di poco superiori all'obiettivo del 2%.

In Germania anche nell'ultimo trimestre dell'anno scorso il prodotto interno lordo (Pil) sarebbe sceso dello 0,3% rispetto ai tre mesi precedenti, quando aveva "ristagnato", ma il commissario europeo per l'economia, Paolo Gentiloni, rassicura. "Il ruolo dell'economia tedesca è di particolare importanza" in Europa, dice, "ma stiamo anche considerando la possibilità di un graduale rimbalzo l'anno prossimo, che avrebbe conseguenze anche per altre economie molto legate a quella tedesca".

Le notizie peggiori giungono oggi dalla produzione industriale europea, che secondo l'Ufficio statistico dell'Unione europea (Eurostat), dopo il calo dello 0,7% registrato a ottobre, nell'Eurozona a novembre è diminuita dello 0,3% (-0,2% nell'Ue). Su base annua, rispetto al novembre 2022, il calo è stato del 6,8% nell'Eurozona e del 5,8% nell'Ue, con la maglia nera che va a paesi come Grecia (-4,1%), Slovacchia (-4%) e Belgio (-3,8%). L'Italia invece fa peggio della media su base mensile, con un -1,5%.

La misura di una situazione ancora critica si avverte d'altra parte proprio tra le imprese italiane, le cui valutazioni e attese sulla situazione economica generale del paese e sulle proprie condizioni operative, secondo l'indagine della Banca centrale italiana nel quarto trimestre, nei successivi tre mesi migliorano un po' ma nel complesso restano comunque sfavorevoli.

Al lieve recupero dei giudizi hanno contribuito una moderata ripresa della domanda interna e condizioni per investire meno negative, assieme alla tenuta della spesa attesa per investimenti. A giudizio delle aziende la domanda estera rimane invece debole: lo confermano anche i dati dell'Istituto nazionale italiano di statistica (Istat) di novembre sulla bilancia commerciale che rilevano un calo delle esportazioni pari al 2,4% su base mensile e del 4,4% in termini monetari e 6,4% in volume rispetto a un anno prima. La flessione delle esportazioni in novembre riguarda entrambe le aree, Ue (-2,0%) ed extra-Ue (-2,9%). Ma la situazione non va molto meglio per le importazioni che scendono nello stesso mese dello 0,6% su base congiunturale e dell'8,9% in valore e 0,2% in volume rispetto a novembre 2022.

Segnali più favorevoli nel mondo delle imprese arrivano invece per l'accesso al credito, percepito in miglioramento in tutti i settori. E anche dal fronte del lavoro le notizie sono più confortanti, con le aziende che nel primo trimestre 2024 prevedono un proseguimento dell'espansione dell'occupazione. Le attese più favorevoli riguardano il settore delle costruzioni.

Un quadro a tinte meno fosche sembra delinearsi anche per l'andamento dei prezzi. Le aspettative sull'inflazione al consumo tra le imprese italiane, infatti, si sono nettamente ridotte su tutti gli orizzonti, riportandosi sui livelli della seconda metà del 2021. Il carovita atteso è sceso, in media, al 2,4% tra sei mesi (da 5,1 nella precedente indagine), al 2,3 tra dodici mesi (da 4,7), al 2,1 tra due anni (da 4,2) e al 2,1 su un orizzonte compreso tra i tre e i cinque anni. E anche i prezzi praticati dalle aziende hanno continuato ad indebolirsi.

Sul fronte dei conti pubblici, intanto, la Banca centrale italiana ha certificato che dopo il nuovo record toccato ad ottobre, il debito delle amministrazioni pubbliche ha invertito la rotta a novembre, tornando a scendere a 2855 miliardi di euro (2661,4 miliardi di franchi), 12,6 miliardi in meno rispetto al mese precedente. Per le entrate spicca invece il segno più: sempre a novembre sono infatti aumentate del 12,3%, pari a 5,7 miliardi, a un totale di 51,8 miliardi. E l'aumento si conferma anche per il complesso degli undici mesi: 7,5% in più (33,6 miliardi) a quota 480,1 miliardi di euro.