ROMA (MF-NW)--Le grandi famiglie imprenditoriali italiane non sembrano poter evitare contrasti e fatture interne, da ultimo nelle gestioni delle eredità. Non fa eccezione la famiglia Caprotti: da proprietari terrieri sono diventati protagonisti della prima catena di supermercati in Italia, l'Esselunga, attraversando più di due secoli con una storia costellata da intuizioni geniali ma anche da «litigi furibondi».

Le «infinite energie consumate dai Caprotti a combattersi l'un l'altro fino ai nostri giorni» le ha ricostruite Giuseppe Caprotti, il primogenito di Bernardo allontanato dall'azienda nel 2004, nel libro «Le ossa dei Caprotti. Una storia italiana» (Feltrinelli). I Caprotti, scrive MF-Milano Finanza, hanno iniziato a fare affari comprando terre alla fine del 1685, per poi spostarsi nel tessile nel XIX secolo con la ditta tessile Bernardo Caprotti di Giuseppe nel 1840. Da qui in avanti gli eredi diventano più d'uno e così anche i contrasti, anche per motivi personali o addirittura religiosi. Finché uno solo resta con le redini dell'azienda in mano. Nel 1907 i pronipoti del fondatore, Bernardo, Antonio, Emilio e Giovanni, danno vita alla Società anonima cotonificio Caprotti, riunendo le attività di famiglia. Ma anche lì liti famigliari e concorrenza tra gli stessi fratelli, anche se solo uno avrà fortuna. Il salto sociale ed economico si ha con il primogenito di Bernardo, Giuseppe detto Peppino, legati da «rapporti per nulla facili», grazie alla capacità di Giuseppe di ottenere i fondi del Piano Marshall e assicurarsi così «tecnologie all'avanguardia» e di saper investire in Borsa. Ma è un'età dell'oro che finisce presto: l'imprenditore muore in un incidente stradale nel 1952, all'età di 53 anni. Anche in questo caso tra il capofamiglia e il primogenito che gli succederà, un altro Bernardo, già esistevano «tensioni». Bernardo a soli 27 anni prende le redini della manifattura di tessuti in cotone.

Ma grazie però all'amicizia del secondo figlio Guido con Marco Brunelli, trait d'union con i Rockefeller, la famiglia Caprotti entra nel 1957 nel progetto della prima catena di supermercati in Italia, la Supermarkets Italiani poi Esselunga. Da qui «il lavoro e i successi soffocano le tensioni» fino al 1971, quando i tre fratelli riescono a comprare il 51% della holding dagli americani della Ibec. Il libro poi si sofferma sulla figura di Bernardo, che ha dominato l'azienda fino alla sua scomparsa nel 2016 con un modus operandi immutato, applicato prima con i fratelli e poi, quarant'anni dopo con i suoi figli: partendo dall'idea di «essere l'unico in grado di gestire l'Esselunga, chiunque non si allineasse con nostro padre è sempre stato messo ai margini», scrive il figlio Giuseppe, come fece con i fratelli Claudio e Guido. Anche lì per motivi imprenditoriali ma anche personali (una relazione extraconiugale del fratello con la cognata).

Anche le novità proposte e introdotte dei figli Giuseppe (l'autore del libro) e Violetta, dal bio all'e-commerce, passando per la categoria no food, causano contrasti e risentimento con Bernardo, nonostante con tale «rivoluzione» l'Esselunga tra il 1994 e il 2003 sia riuscita quasi a triplicare le vendite, arrivando a superare i 4 miliardi di fatturato. Fatto sta che Giuseppe è passato dall'essere amministratore delegato di Esselunga nel 2002 ad essere «costretto ad allontanarsi» nel 2004, fino a vendere tutte le sue quote, insieme alla sorella, a Marina Caprotti, la figlia avuta dal padre con la seconda moglie Giuliana. Il tutto con un rammarico: «È vero, papà: avremmo potuto formare una squadra formidabile perché condividiamo la stessa passione per l'azienda in cui lavoravamo». si chiude il libro.

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2610:20 ott 2023


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