L'OCSE ha pubblicato i risultati della terza indagine internazionale sull'alfabetizzazione finanziaria degli adulti, condotta in 39 Paesi, tra cui 20 membri dell'OCSE. Lo studio, effettuato ogni 3 anni, rientra nel progetto di alfabetizzazione finanziaria dell'OCSE.

Andiamo a spiegare il termine alfabetizzazione, utilizzato ben 109 volte nelle prime 50 pagine dello studio. L'OCSE stessa definisce il concetto come "la capacità di comprendere e utilizzare le informazioni scritte nella vita quotidiana, a casa, al lavoro e nella comunità, per raggiungere obiettivi personali e ampliare le proprie conoscenze e capacità". Pertanto, l'alfabetizzazione finanziaria non è solo una conoscenza teorica della finanza, ma anche la capacità di applicarla in modo pratico nel quotidiano. Prendiamo un esempio da un altro campo: una persona media sa che è necessario applicare una politica di password e che è sconsigliabile utilizzare la stessa password su diversi siti o applicazioni, soprattutto se si tratta di una password semplice; la stessa persona utilizza la data di nascita del proprio coniuge come password su tutti i siti commerciali a cui è iscritta e ha annotato le password più difficili da ricordare (che si dà il caso siano le più sensibili) in un taccuino che si trova accanto al computer. Se gli chiedete "scrivere le password su un quaderno è sicuro?", sa che non lo è... ma lo fa! La sua conoscenza è buona, la sua applicazione meno, quindi la sua alfabetizzazione è media.

Insomma, circa 70.000 adulti di età compresa tra i 18 e i 79 anni, provenienti da 39 Paesi, hanno risposto all’indagine dell'OCSE volta a valutare le conoscenze finanziarie, il comportamento finanziario e la mentalità finanziaria. Ciascuno di questi tre aspetti è stato valutato separatamente e quindi ponderato per ottenere un punteggio complessivo, su 100. L'OCSE ritiene che il punteggio minimo di alfabetizzazione sia 70/100: al di sotto di questo punteggio, la comprensione dei concetti finanziari e/o l'applicazione delle competenze finanziarie sono insufficienti.

Dopo aver visto la metodologia, passiamo ai risultati:

La media complessiva dei 39 Paesi è di 60 punti su 100, dunque inferiore all'obiettivo di 70 punti. Il punteggio migliora leggermente a 63 punti se ci si concentra solo sui 20 Paesi OCSE che hanno partecipato allo studio. A livello globale, solo il 34% degli adulti intervistati ha raggiunto l'obiettivo di 70 punti. Tuttavia, i risultati variano molto da Paese a Paese. Sul podio ci sono Germania, Thailandia e Hong Kong, dove rispettivamente il 75%, il 65% e il 60% degli adulti ha raggiunto il punteggio di 70. In fondo alla classifica ritroviamo lo Yemen, dove solo il 3% degli adulti ha un livello di alfabetizzazione finanziaria sufficiente, davanti a Paraguay (11%), Cambogia (12%) e Italia (17%).

Se analizziamo nel dettaglio le 3 parti dello studio, notiamo che nel complesso è la mentalità finanziaria a essere carente, e che è addirittura a un livello inferiore rispetto a quello riscontrato nell'edizione precedente del 2020, dove si prendevano in esame 26 Paesi (tra cui 12 membri dell'OCSE):

  • Il punteggio medio delle conoscenze finanziarie è di 63/100 (contro 62,8 nel 2020).
  • Il punteggio medio del comportamento finanziario è di 61/100 (contro 59,2 nel 2020).
  • Mentre la mentalità finanziaria è valutata a 56/100 (contro 59,2 nel 2020).

Non sorprende che lo studio riveli che gli adulti con livelli di istruzione più elevati nonché quelli con redditi più alti se la cavino meglio degli altri. Ciò che invece sorprende, e soprattutto preoccupa, è scoprire che il 63% delle persone che possiede prodotti finanziari ha un livello di alfabetizzazione finanziaria insufficiente (cioè non raggiunge il punteggio di 70).

Novità di quest'anno: l'OCSE ha voluto valutare anche l'alfabetizzazione finanziaria digitale degli intervistati, ossia il loro approccio ai servizi finanziari digitali, ai pagamenti online, alle criptovalute, ecc. Utilizzando un approccio simile a quello dell'alfabetizzazione finanziaria tradizionale, l'OCSE è giunta all'infelice, ma comunque non sorprendente, conclusione che solo il 29% delle persone ha un livello di alfabetizzazione finanziaria digitale sufficiente. Il livello medio di alfabetizzazione finanziaria digitale è di 53/100, laddove 70/100 è considerato accettabile.

Conoscenze da perfezionare e un rapporto col denaro orientato al breve termine, nonostante la prevalenza di comportamenti prudenti

Entrando più nel dettaglio, le conoscenze finanziarie tradizionali sono state valutate attraverso sette domande che riguardavano argomenti come l'inflazione, gli interessi e i principi della prudenza finanziaria. Il primo risultato è stato che mentre l'84% degli intervistati sa cosa sia l'inflazione, solo il 63% ne comprende l'impatto quando viene posta loro una domanda concreta. A riprova del fatto che sapere non significa capire! Sottolineiamo che questi risultati sono incoraggianti rispetto al 2020, quando solo una media del 78% degli intervistati sapeva la definizione di inflazione e poco meno del 60% ne comprendeva l'impatto sul valore del denaro nel tempo. Il contesto fortemente inflazionistico dell'ultimo anno ha probabilmente contribuito.

Ancora più sorprendente è il fatto che più della metà degli intervistati non sia in grado di calcolare l'interesse semplice, e la situazione peggiora quando si aggiunge il concetto di interesse composto, compreso appieno da appena il 26%.

Per quanto riguarda il comportamento finanziario, l'obiettivo dello studio è valutare la presenza di tre tipi di comportamenti prudenti: risparmiare e pianificare a lungo termine, fare acquisti ponderati e monitorare la propria liquidità. Possiamo notare che è prevalente un comportamento abbastanza sano: in tutti i 39 Paesi, il 68% degli adulti risparmia attivamente e altrettanti tengono sotto controllo le proprie finanze. Infatti, il 70% effettua acquisti ponderati, ossia verifica in anticipo di avere i mezzi per farlo. D'altra parte, solo la metà tra questi fissa obiettivi finanziari a lungo termine e poco più di un quarto confronta le offerte di prodotti finanziari prima di sottoscriverli, il che significa che la gran maggioranza opta per i prodotti più facilmente reperibili.

La terza parte dello studio consiste nel valutare gli atteggiamenti finanziari, ossia il modo in cui le persone si pongono rispetto alle questioni di denaro. A tal fine, è stata chiesta la loro opinione sulle seguenti tre affermazioni: "Mi dà più soddisfazione spendere soldi che risparmiarne per il futuro", "Tendo a vivere alla giornata senza preoccuparmi del domani" e "I soldi sono fatti per essere spesi" (YOLO!). In media, meno della metà non è d'accordo con queste affermazioni! Vi è dunque ancora un ampio margine di miglioramento per quanto riguarda il modo in cui le persone pensano al loro rapporto con il denaro.

Ed è proprio questo il senso di questo studio: non si tratta di puntare il dito contro i peggiori o i migliori, né di poter brillare in società grazie ai propri buoni punteggi, ma di definire politiche educative globali e di individuare aree comuni di miglioramento, al fine di condurre il maggior numero possibile di persone verso quel livello minimo di cultura che permetta loro di gestire il proprio denaro in completa autonomia e di prendere decisioni finanziarie oculate, soprattutto in un contesto economico sempre più teso e complesso. L'OCSE suggerisce che non è sufficiente diffondere le conoscenze finanziarie di base, ma che è anche importante rafforzare i comportamenti e gli atteggiamenti che hanno maggiori probabilità di favorire la resilienza finanziaria e il benessere, come sviluppare uno spirito critico, comparare prima di acquistare, affidarsi a fonti indipendenti, monitorare la propria liquidità, ecc. Non sorprende che l'OCSE sottolinei anche l'assoluta necessità di concentrare gli sforzi sulle popolazioni più vulnerabili, identificate dallo studio in base ai Paesi: i più poveri, i meno istruiti, le donne, i più giovani, ecc. L'idea è quella di spezzare il circolo vizioso, in quanto le persone con minore alfabetizzazione finanziaria sono anche quelle che ne hanno più bisogno e che, ad esempio, hanno maggiori probabilità di cadere vittime di truffe.