MILANO (MF-DJ)--Il sistema calcio è ormai al collasso: i club chiedono ai giocatori il taglio degli stipendi, le casse delle squadre piangono, sono vuote, così come gli spalti degli stadi, diverse società si trovano sull'orlo del fallimento e come se non bastasse alcune di queste si ritrovano a dover fare i conti con indagini della Procura federale per il mancato rispettato delle procedure del protocollo sanitario. Regna il caos.

Inoltre, lo scoppio della pandemia ha ingigantito i tanti problemi già esistenti nel calcio italiano, che già da anni necessitava di riforme radicali e strutturali, a cominciare dalle serie minori.

Proprio per questa ragione, Dino Feliziani, revisore legale ed ex revisore dei conti della Figc, e Pietro Boria, professore di diritto tributario all'Università Sapienza di Roma, hanno depositato al presidente del Credito Sportivo Andrea Abodi un documento che consenta al Credito Sportivo di sottoscrivere aumenti di capitale per le società in grande difficoltà con prestiti obbligazionari convertibili, esercitando poi un ruolo di controllo e di indirizzo tale da accompagnare le squadre di calcio fuori da una situazione di precarietà economica e finanziaria.

L'idea di Feliziani e Boria, trova il "benestare" di Carlo Salvatori, presidente di Lazard Italia e di Banca Monte Parma, che considera la proposta "valida ed efficace", proprio perchè consentirebbe al Credito Sportivo di entrare in partecipazione con un prestito obbligazionario a tassi ridotti convertibile o con un ingresso in capitale per un periodo temporaneo, nel quale avrebbe un ruolo centrale e di indirizzo, di modo da risanare le squadre aiutate e portarle fuori dalla situazione di crisi in cui gravavano.

Risulta chiaro che il Credito Sportivo non interverrebbe in società con azionisti forti ma interverrebbe soprattutto in Serie B e C, dove oggi la situazione è molto precaria. Questo progetto sarebbe però accompagnato da una riforma sostanziale del numero delle squadre professionistiche in B e in C. "L'Italia è l'unica nazione al mondo che vanta 100 squadre professionistiche. Si parlava tanto della riforma di portare da 60 a 20 squadre nella Serie C, creando un cuscinetto di semi professionismo fra la Serie C e i Dilettanti, con l'obiettivo di asciugare il bacino - commenta Feliziani, sottolineando come l'attuale corso che governa il Coni abbia ridotto da 68 milioni di euro a circa 30 milioni di euro i contributi che ogni anno il Coni versava al calcio.

"Questi soldi erano destinati alle funzioni di garanzia che svolge la Federazione; pensare che solo gli arbitri, quindi non solo i professionisti ma anche i dilettanti, alla Federazione costano 60 milioni di euro all'anno, a cui aggiungere i costi della Giustizia Sportiva e dell' Antidoping - spiega Feliziani. Quindi questi 68 milioni che il Coni versava alla Federazione, servivano a remunerare questi costi, motivo per cui anche la Federazione stessa è in crisi, proprio perché con il tempo le sono venute a mancare queste risorse".

"Inoltre - stando alle valutazioni di Feliziani, ex revisore dei conti Figc - il Coni beneficia di circa 411 milioni di euro dallo Stato, versando però alle federazioni solo la metà di questa cifra, mentre l'altra metà viene utilizzata per finanziare la propria struttura, che richiede un dispendio di costi molto elevato".

Quello che emerge, quindi, è che uno dei problemi della crisi del sistema calcio riguarda la mancata o l'inefficiente redistribuzione delle risorse. "Fino a qualche anno fa, la Serie B e la Serie C, avevano un contratto di fornitura di giovani talenti alle 16 nazionali che ha Federazione e questo rappresentava per quei club entrate sicure dalla Federazione stessa, complessivamente di circa 10 milioni di euro l'anno per ciascuna delle due Serie. Quando il Coni ha ridotto i contributi, la Federazione ha bloccato questi 20 milioni di euro che versava alla Serie B e C", afferma Feliziani.

Un altro problema che ha concorso alla crisi del sistema, è il fenomeno della bolla delle plusvalenze,operazioni che sistemano il conto economico ma non la cassa, perché sono di fatto scambi.

Nel documento, a fronte di queste analisi, Feliziani e Boria, precisano come l'utilizzo del Credito Sportivo, andrebbe svolto con cautela, poiché "l'Ics diventerebbe di fatto un socio di minoranza delle squadre in cui investe, ed essendo soldi pubblici, andrebbero gestiti da imprenditori qualificati, che abbiano alle spalle si una situazione di difficoltà patrimoniale ma non una gestione inefficiente che si tramuti in uno spreco di denaro pubblico. Il Credito Sportivo, quindi, sarebbe utile se oltre a sottoscrivere aumenti di capitale, avesse un coinvolgimento nella gestione, in modo da avviare e indirizzare la società verso una corretta gestione patrimoniale", spiega Feliziani.

"Proprio per questa ragione, per evitare spreco di denaro pubblico, il Credito Sportivo, che è una banca, entrerebbe in un contesto di rischio d'impresa, reperendo i capitali sul mercato, senza impiegare i soldi dello Stato. Ovviamente - precisa Feliziani - l'ingresso nel capitale delle società farebbe riferimento esclusivamente a quelle realtà di Serie A, B e C che possono "sopravvivere", in forma temporanea. L'intervento del Credito Sportivo, quindi, avrebbe lo scopo di rimettere in sicurezza tutto il sistema, per poi farsi da parte, tanto che dovrebbe essere stipulato un patto di riacquisto delle azioni", sottolinea Feliziani.

Nel progetto, Feliziani e Boria, danno ampio spazio nell'evidenziare che nel momento in cui si interverrebbe come advisor, la prima cosa da valutare sarebbe analizzare da chi è rappresentata la proprietà e la loro serietà. Come detto precedentemente, il Credito Sportivo avrebbe un ruolo di vigilanza e di indirizzo: "Per controllare l'operato degli amministratori, il voto del Credito Sportivo nell'Assemblea avrebbe un ruolo determinante per operazioni di bilancio, di distribuzione dei dividendi, ammesso che ce ne siano, di attribuzione degli emolumenti e di qualunque operazione di carattere straordinario, dagli acquisti oltre un certo limite.

Infine, nel documento di Feliziani e Boria, si fa riferimento all'importanza dell'Aic, Associazione Italiana Calciatori, in merito alla necessità di stipulare il contratto collettivo aziendale tra l'Aic e le società sportive, al fine di tutelare le condizioni base per il rapporto di lavoro tra l'atleta e la società sportiva.

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1815:35 nov 2020

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November 18, 2020 09:37 ET (14:37 GMT)