PECHINO (awp/ats/ans) - La Cina mostra a sorpresa elementi di deflazione a settembre: il Dragone continua a rappresentare un'eccezione tra le principali economie del mondo (Usa in testa) che al contrario stanno lottando con ostinazione i livelli di inflazione elevata dopo il picco della pandemia del Covid-19.

Tra i prezzi al consumo piatti e quelli alla produzione in calo oltre le attese, ad indicare che la ripresa post-Covid resta disomogenea, la leadership comunista si trova nelle condizioni di dover varare ulteriori misure di sostegno fiscale. Per altro verso, l'interscambio commerciale vede sia export sia import in contrazione del 6,2%, scontando la debolezza della domanda esterna ed interna.

L'indice dei prezzi al consumo di settembre è rimasto fermo su base annua, sotto la stima di un aumento dello 0,2% a consolidare il +0,1% di agosto, il primo aumento in tre mesi. L'inflazione core, al netto di energia e prodotti alimentari, è salita dello 0,8%, secondo l'Ufficio nazionale di statistica, in linea con agosto. L'indice dei prezzi alla produzione è sceso del 2,5% (contro il -2,4% atteso), dopo un calo del 3% nel mese precedente. Un trend che rimarca la ripresa economica "tortuosa" - come è stata definita dalla leadership di Pechino - dopo che il Paese è uscito dalle draconiane misure anti-Covid a dicembre 2022.

Quanto all'interscambio commerciale, la Cina ha registrato a settembre un surplus di 77,71 miliardi di dollari (era di 82,72 miliardi nello stesso mese del 2022), in rialzo sui 68,36 miliardi di agosto e meglio delle attese degli analisti di 70 miliardi. L'export, secondo le Dogane cinesi, ha avuto un calo del 6,2% (da -8,8% di agosto), meglio del -7,6% stimato alla vigilia, segnando la quinta flessione mensile di fila per la debolezza della domanda globale. In contrazione l'import, per il settimo mese consecutivo: -6,2%, da -7,3% di agosto e contro il -6% atteso dai mercati, con l'instabilità dei consumi interni. Lv Daliang, portavoce delle Dogane, ha chiarito in conferenza stampa che il commercio cinese si trova ad affrontare un contesto esterno complesso e severo. A conferma, le esportazioni verso i Paesi Asean - la prima area commerciale del gigante asiatico nel contesto di crescenti tensioni con Usa ed Europa su commercio, tecnologia e geopolitica - si sono contratte a settembre rispetto ad agosto.

Con la Russia, l'interscambio ha toccato invece nuovi record: 21,18 miliardi di dollari, il livello più alto dall'invasione di Mosca dell'Ucraina di febbraio 2022. L'export di Pechino è salito del 21% (dal +16% di agosto), l'import dalla Russia dell'8% (dal +3). Sotto sanzioni occidentali, la Russia si è rivolta a Pechino per ottenere sostegno economico, beneficiando della forte domanda cinese di petrolio, gas e grano.

Nel complesso, gli economisti ritengono sia presto per fare previsioni sulla domanda interna cinese, poiché il settore immobiliare in crisi, le incertezze sull'occupazione e sulla crescita del reddito delle famiglie, e la debole fiducia di alcune imprese private mettono a rischio la ripresa economica. Per raggiungere l'obiettivo annuale di crescita del governo di "circa il 5%" nel 2023, la Cina sta valutando la possibilità di emettere almeno 1.000 miliardi di yuan (137 miliardi di dollari) di debito sovrano aggiuntivo a sostegno di progetti infrastrutturali: una mossa per rimediare le misure frammentarie finora adottare.