ROMA (MF-DJ)--Più di un milione di creditori potrebbero essere coinvolti nella procedura fallimentare di Ftx, la borsa di criptovalute di Sam Bankman-Fried che la settimana scorsa è finita in bancarotta. È quanto scritto nel documento depositato dalla stessa Ftx in un tribunale del Delaware per poter accedere al Chapter 11.

Nel frattempo, scrive Milano Finanza, Bankman-Fried ha dato le dimissioni e la carica di ceo è stata assunta da John Ray III, noto per essere stato curatore fallimentare di Enron, la società energetica texana passata alla storia per il fragoroso crack nel 2001. Secondo il Wall Street Journal, Bankman-Fried ha passato il fine settimana nel tentativo, per ora vano, di raccogliere gli 8 miliardi di dollari che i clienti di Ftx hanno inutilmente cercato di ritirare. La cassa è vuota perché Ftx, fino alla settimana scorsa la più grande borsa di criptovalute degli Stati Uniti, ha prestato miliardi di dollari depositati dai suoi clienti a una società affiliata, Alameda Research, che li ha vaporizzati in scommesse ad alto rischio, complice il crollo delle quotazioni delle criptovalute (l'inverno cripto, ovvero il mercato Orso, dura ormai da un anno). Sul bilancio di Ftx figurano poi asset che valgono zero. Tra gli altri, oltre a Ftt (un token emesso dalla stessa borsa fondata da Bankman-Fried) spicca un paradossale Trumplose, usato per scommettere sulla sconfitta di Donald Trump alle elezioni presidenziali del 2020.

Desta impressione il fatto che Bankman-Fried stia ancora cercando finanziatori, evidentemente convinto di trovarli. Il fatto è che si era abituato troppo bene. Nel corso della sua esistenza Ftx è riuscita a raccogliere finanziamenti per 1,9 miliardi di dollari. L'ultimo round risale al gennaio scorso, quando sono stati raccolti 400 milioni da big come Sequoia Capital, la giapponese SoftBank, il braccio di venture capital della sudcoreana Samsung Electronics nonché il fondo pensioni degli insegnanti dell'Ontario. Le malelingue potrebbero pensare che il ruolo di grande donatore del Partito Democratico (il secondo dopo George Soros nelle elezioni di mid-term appena concluse) fosse considerato una garanzia sufficiente sulle capacità e l'onestà del trentenne Bankman-Fried. Ma queste sono speculazioni di carattere politico.

Sul fronte finanziario, invece, la domanda che si fanno tutti è: riuscirà il settore delle criptovalute a sopravvivere al crac di Ftx? Stavolta è molto probabile che non si riusciranno a evitare le forche caudine di una stretta regolamentazione. Ormai la chiede anche Michael Saylor, presidente esecutivo e co-fondatore di Microstrategy, la società di business intelligence e servizi cloud che ha in bilancio quasi 130.000 bitcoin acquistati a un prezzo medio di poco più di 30.000 dollari (nella serata di ieri viaggiava intorno ai 17.000 dollari). Saylor è un massimalista del bitcoin e proprio questa categoria è soddisfatta della situazione attuale.

«I bitcoiner sono intrappolati in una relazione disfunzionale con le criptovalute e noi vogliamo uscirne!», ha proclamato Saylor. E una delle prime conseguenze del crack di Ftx è stata la fuga dalle borse di criptovalute. La scorsa settimana sono stati tolti dagli exchange 3,7 miliardi di dollari in bitcoin. Un successo per i massimalisti, che da sempre predicano: «Not your keys, not your coins», ovvero se conservi le tue cripto su un exchange centralizzato o qualsiasi servizio di custodia di terze parti, allora non sono davvero tue. Insomma, i bitcoin devono stare su un wallet di cui hai il pieno possesso delle chiavi. In questo modo è impossibile che arrivi qualcuno a spostare i tuoi bitcoin su Alameda per scommettere sulla sconfitta di Trump. Ma i non massimalisti si chiedono: se tutti uscissero dalle borse, il mondo cripto potrebbe sopravvivere?.

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1608:30 nov 2022


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