Intorno alle ore 12,55 italiane, i futures sul Brent avanzano di 64 centesimi, o dello 0,8%, a 80,17 dollari il barile, dopo aver toccato i massimi da ottobre 2018 a 80,75. Il Brent ieri ha guadagnato l'1,8%.

I futures sul greggio Usa scambiano in rialzo di 85 centesimi, o dell'1,1%, a 76,3 dollari il barile, dopo aver toccato i massimi di sessione a 76,67 dollari il barile, valore più alto da inizio luglio. Il contratto ha guadagnato ieri il 2%.

Gli uragani Ida e Nicholas, che hanno colpito il Golfo del Messico ad agosto e settembre, hanno danneggiato piattaforme, oleodotti e centri di trattamento, sospendendo la maggioranza della produzione offshore per intere settimane.

A danno dell'offerta, i principali esportatori di petrolio africani, Nigeria e Angola, avranno difficoltà ad aumentare la loro produzione in linea con le quote fissate dall'Opec almeno fino al prossimo anno, a causa dei disagi in termini di sottoinvestimenti e manutenzione, secondo fonti.

Le loro difficoltà rispecchiano i disagi di diversi membri Opec+, che hanno tagliato la produzione per sostenere i prezzi e ora faticano ad aumentarla e far fronte alla ripresa della domanda.

"I mercati petroliferi stanno accelerando, mentre i persistenti deficit dell'offerta stanno riducendo la copertura delle scorte ai loro minimi da decenni", si legge in una nota Barclays.

La banca ha alzato le stime per il Brent e il greggio Usa nel 2022, rispettivamente a 77 e 74 dollari il barile.

Morgan Stanley stima il Brent intorno ai 77,5 dollari il barile nel terzo trimestre, secondo lo scenario base, e a 85 dollari il barile in uno scenario rialzista.

(Tradotto a Danzica da Enrico Sciacovelli, in redazione a Milano Gianluca Semeraro, enrico.sciacovelli@thomsonreuters.com, +48587696613)