Decine di peruviani sono rimasti feriti dopo che le tensioni si sono nuovamente accese venerdì, quando la polizia si è scontrata con i manifestanti; le forze di sicurezza nella capitale Lima hanno usato gas lacrimogeni per respingere i manifestanti che lanciavano bottiglie di vetro e pietre, mentre le strade bruciavano incendi.

Circa 46 persone sono state uccise in queste settimane di scontri e altre nove in incidenti stradali legati alle barricate erette durante le proteste.

Nella regione di Cusco, la porta d'accesso a Machu Picchu, l'importante miniera di rame Antapaccay di Glencore ha sospeso le operazioni venerdì dopo che i manifestanti hanno attaccato la sede - una delle più grandi del Paese - per la terza volta in questo mese.

Anche gli aeroporti di Arequipa, Cusco e della città meridionale di Juliaca sono stati attaccati dai manifestanti, dando un nuovo colpo all'industria turistica del Perù.

Le autorità culturali di Cusco hanno dichiarato in un comunicato che "in considerazione dell'attuale situazione sociale in cui sono immersi la nostra regione e il Paese, è stata ordinata la chiusura della rete di sentieri Inca e di Machu Picchu, a partire dal 21 gennaio e fino a nuovo avviso".

L'imponente cittadella Inca è un'importante attrazione turistica, con oltre un milione di visitatori all'anno, anche se il numero è stato ridotto a causa della pandemia.

Le proteste hanno scosso il Perù da quando l'ex Presidente Pedro Castillo è stato estromesso a dicembre dopo aver tentato di sciogliere la legislatura per evitare un voto di impeachment.

I disordini, che fino a questa settimana si sono concentrati nel sud del Perù, hanno spinto il Governo ad estendere lo stato di emergenza a sei regioni, limitando alcuni diritti civili.