(tratto da Squawk Box - Cnbc)

MILANO (MF-DJ)--Nel delicato e complesso scenario geopolitico globale, l'economia statunitense sta dimostrando di essere la più forte. Su questo Jamie Dimon, ceo di JP Morgan, non ha dubbi, e 'non sorgono neppure quando l'America viene confrontata con la Cina'. Pur ammettendo che la lotta all'inflazione della Fed non è ancora finita e che 'portare i tassi al 5% potrebbe non bastare', l'attuale scenario inflazionistico 'è nel suo modo rassicurante, non avendo nulla a che vedere con quello del '72'. Il picco dell'inflazione americana è stato raggiunto, ci sarà una recessione ma 'la sua portata sarà dettata dall'andamento dei temi politici', ha affermato Dimon in un'intervista rilasciata alla Cnbc. L'America può e deve ancora fare di più, 'c'è troppa regolamentazione' e ci sono i grandi temi 'della sanità, dell'infrastruttura e dell'istruzione', ma il sistema bancario è solido e 'l'America è straordinaria, anche con tutti i nostri litigi governativi'.

D. Economia, mercati, geopolitica: il mondò è in rapida evoluzione. Dal suo osservatorio privilegiato quali sono le tendenze più significative?

R. L'economia americana, oggi, è la più forte al mondo: questo va celebrato. Da noi arrivano sia le società sia i capital, i consumatori stanno spendendo il 10% in più rispetto allo scorso anno e il 40% in più rispetto al pre-Covid con impegni forti in tutti i settori. La notizia positiva è che le società stanno bene, i bilanci sono buoni. Quello che non va bene, invece, è che i tassi sono al 4% e andranno al 5%. L'inflazione sta erodendo tutti i temi positivi che ho elencato prima e, guardando al futuro, tutte queste cose potrebbero far deragliare l'economia e dettare una recessione, debole o forte, a seconda dell'evoluzione dello scenario geopolitico.

D. Ha detto 5%. E' lì che andranno i tassi?

R. Non l'ho detto io, è la Fed che lo ha detto. E si fermerà per 3/6 mesi a quei livelli, ma forse potrebbe non bastare.

D. Quindi si andrà al 5% anche se il rendimento decennale rimane ancorato al 3%?

R. Il rischio attuale è il Quantitative tightening, ossia il ritiro della liquidità, un evento mai sperimentato. Questa compressione del rendimento del mercato obbligazionario va avanti da dieci anni ma il Qt è appena iniziato. In base al trend di politica monetaria, dovrebbe esserci un'obbligazione al 4% e dunque il bond market è un trade risk on.

D. Torniamo alla geopolitica. E' questo il tema importante che dobbiamo guardare?

R. Sì, perché ovviamente all'interno della parola c'è il petrolio, il cibo, i fertilizzanti, le crisi umanitarie. Una guerra come quella che vediamo oggi in Europa non c'era dal '45. L'attuale scenario sta creando la necessità di nuovi pensieri e ragionamenti sulla Cina, sul commercio, sulle linee sicure. Ci sono Paesi che patiranno e pagheranno il costo del dollaro elevato e dell'inflazione. C'è una situazione a livello globale difficile, pericolosa. Sono nuvole: potrebbe diventare un uragano ma potrebbe anche migliorare. Come risk manager, mi preparo per entrambi i casi, non so cosa succederà.

D. E come risk manager qual è lo scenario più probabile?

R. Non lo so. Ci sono tutti questi elementi che ho elencato. Sicuramente serve una leadership americana di spessore, questo posso dirlo.

D. Janet Yallen ha detto che il fallimento di Ftx di settimana scorsa è stato un momento estremo. Concorda con questa tesi?

R. Le cripto per me - come sapete - sono come dei giochini. Questo non vuol dire che il blockchain o che il web 3.0 non siano veri, ma credo che Yallen intendesse che è estremo, limen, per il mondo cripto, non in generale. Le criptovalute sono un comparto che vale sotto i mille miliardi, di cui 20-30 miliardi sono di costi di scambio; poi molto finanziamento anche per il terrorismo e l'evasione fiscale. Insomma, perché lasciamo che questo continui? I regolatori se la prendono sempre con le banche, ma perché non si occupano di cripto?

D. Una preoccupazione forte attuale riguarda i rialzi nei salari. Il mercato è cambiato, sta digerendo ancora eventi come la pandemia, ma anche la partecipazione al mercato del lavoro è cambiata. A fronte di tutto ciò, potrebbe esserci un rialzo repentino dei salari? Quando è accaduto, i mutui sono arrivati al 13,5%, può accadere di nuovo?

R. Allora prima di arrivare a quei livelli ci sono stati anni, seguiti da altri anni, di alta inflazione. La Fed si è mossa forse un po' in ritardo ma assolutamente per tempo. Abbiamo avuto 6 mila miliardi di stimoli fiscali in due anni e non avremo l'onere di spesa per questi 6 mila miliardi, è ovvio che si sia generata inflazione.

D. Si ma all'epoca, 40 anni fa, cos'è che determinò il tutto? Abbiamo stampato troppi soldi?

R. Sì, ovviamente i prezzi sono saliti per tanti anni. L'inflazione è iniziata nel '72 e non ha toccato un picco fino all'82. Non siamo in una situazione simile. Siamo usciti dal Covid, le banche centrali sono state aggressive, lo scenario è differente.

D. Parliamo del dollaro. Il biglietto verde è molto forte, c'è chi si preoccupa che ciò possa essere un problema per gli Stati Uniti e per le società multinazionali. C'è uno squilibrio, no?

R. Si, ma questi sono tassi e cambi che si allineano, pertanto non mi preoccupa l'impatto che può avere sulle multinazionali. Quel che temo, invece, è l'impatto per i Paesi emergenti. Dobbiamo stare molto attenti. Aggiungerei anche che l'America deve fare un lavoro migliore nello sviluppo della finanza tramite la diplomazia. Lo sviluppo deve passare anche da una comunicazione che racconti il bello di fare affari con gli Stati Uniti.

D. E a Washington come vedono questo?

R. Se si parla di aiuti in senso lato storcono il naso, ma se affronti il discorso Cina allora drizzano le orecchie e capiscono perchè c'è bisogno di un'azione coordinata di aiuti. In Europa, in America Latina, in Africa la Cina è ovunque, mentre noi non facciamo molto nello sviluppo finanziario. E sto parlando di aiutare le aziende americane a investire in altri Paesi in maniera intelligente.

D. Dovremmo cercare di essere amici-nemici della Cina?

R. L'America ha tutto quello che le serve: cibo, energia, acqua. La Cina importa 11 milioni di barili al giorno di petrolio e non hanno abbastanza acqua né cibo. Noi siamo la nazione più prosperosa che ci sia mai stata, non dobbiamo piagnucolare, va tutto bene.

D. Ma la globalizzazione continuerà o sarà ridotta?

R. Ci sarà un passo indietro e sicuramente verrà ridotta. Questo perché verranno ristrutturate le linee sicure, le catene di forniture, i governi dovranno imporre più regole, controllando gli investimenti e le esportazioni. Ma il commercio internazionale ovviamente non morirà. Siamo in competizione con la Cina - e lascio i temi militari fuori da questo - ma noi vinceremo. Se nutriamo questa nostra fantastica economia, vinceremo. Ovviamente loro sono un mercato enorme, dobbiamo competere ma non dobbiamo essere ostili.

D. Parliamo di economia, con un aggancio al settore bancario. Quando guardate ai vostri libri, agli impieghi e ai prodotti che avete venduto ai clienti, siete preoccupati per una recessione forte?

R. Il sistema bancario oggi è molto solido, il nostro capitale è molto forte. Certo, ci sono sempre strumenti finanziari che possono creare problemi, e bisogna starci attenti, ma al momento non c'è nulla di sistemico. I nostri conti, i nostri prestiti, seguono un ciclo tipico e questo non si tradurrà in un 2008, anzi, sarà un ciclo normale. Se ci sarà una forte recessione ci saranno più perdite, ma dobbiamo accompagnare cittadini e imprese durante questo ciclo. Non bisogna fare un passo indietro anche se alcuni regolatori ti costringono a farlo. Ma io voglio esserci sia quando le cose vanno bene, sia quando no.

D. I mutui sono una potenziale mina?

R. Il nostro management team valuta quello che possiamo fare. Ma, in realtà, non stiamo facendo passi indietro su nulla solo perché potrebbe arrivare una recessione. Prima della pandemia abbiamo prestato centinaia di milioni di dollari ai clienti, eravamo già molto presenti. C'è chi dice che le banche sono state salvate dalla Fed ma non credo sia così.

Quello che si può fare per limitare i rischi è forse non allargare il parco clienti, perché se ci sono problemi ovviamente devi essere più prudente. Ma la nostra idea è continuare ad ampliare il nostro business, ad assumere nuove persone.

D. Per concludere, ci dia un titolo per descrivere l'economia del 2023.

R. Non lo farò ma posso dire che l'America è straordinaria, anche con tutti i nostri litigi governativi. Siamo cresciuti al 2% l'anno dal 2000 al 2020 e potevamo toccare il 3%. Perché siamo cresciuti al 2 e non al 3%? Troppa regolamentazione. E i grandi temi quali la sanità, l'infrastruttura e l'istruzione sono ancora aperti.

red

anna.dirocco@mfdowjones.it


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December 08, 2022 10:19 ET (15:19 GMT)