Dal 2016 al 2022, le 57 entità che comprendono Stati nazionali, imprese statali e società di proprietà degli investitori hanno prodotto l'80% delle emissioni globali di CO2 derivanti dalla produzione di combustibili fossili e cemento, si legge nel rapporto Carbon Majors del think tank no-profit InfluenceMap. Durante questo periodo, i produttori nazionali hanno rappresentato il 38% delle emissioni presenti nel database, mentre le entità pubbliche hanno rappresentato il 37% e le società di proprietà degli investitori il 25%.

Un po' di storia

Storicamente, cioè nel periodo 1854/2022, le società di proprietà degli investitori hanno rappresentato il 31% di tutte le emissioni tracciate dal database (440 GtCO2e), con Chevron, Exxon Mobil e BP Plc sul podio. Le aziende statali sono legate al 33% del totale del database (465 GtCO2e), con Saudi Aramco, Gazprom e la National Iranian Oil Company come maggiori responsabili. Gli Stati nazionali rappresentano il restante 36% (516 GtCO2e), con la produzione di carbone in Cina e nell'ex Unione Sovietica come principali contributori. Il totale è di 1421 GtCO2e.

Un aumento dopo l'Accordo di Parigi

Il rapporto ha rilevato che la maggior parte delle aziende ha aumentato la produzione di combustibili fossili dal 2015, anno in cui quasi tutti i Paesi hanno sottoscritto l'Accordo di Parigi della ONU, impegnandosi ad agire per contenere i cambiamenti climatici. Da allora, se da un lato molti governi e imprese hanno fissato obiettivi più severi in materia di emissioni e hanno sviluppato rapidamente le energie rinnovabili, dall'altro hanno prodotto e bruciato più combustibili fossili, con conseguente aumento delle emissioni.

Secondo l'Agenzia Internazionale dell'Energia, l'anno scorso le emissioni globali di CO2 legate all'energia hanno raggiunto un livello record.

Un database lanciato nel 2013

InfluenceMap ha dichiarato che i suoi risultati hanno dimostrato che un gruppo relativamente piccolo di emittenti è responsabile della maggior parte delle attuali emissioni di CO2 e che il suo obiettivo è quello di aumentare la trasparenza su quali governi e aziende stanno guidando il cambiamento climatico.

"Questo rapporto può essere utilizzato per diversi scopi, sia per procedimenti giudiziari volti a chiedere ai produttori di rispondere dei danni causati al clima, sia per essere utilizzato da accademici per quantificare i loro contributi, da parte dei gruppi di campagna e persino da parte degli investitori", ha dichiarato Daan Van Acker, direttore del programma InfluenceMap, a proposito del rapporto.

Una precedente edizione del database Carbon Majors è stata citata il mese scorso in una causa intentata da un agricoltore belga contro la società francese di petrolio e gas TotalEnergies. L'agricoltore sosteneva che, in quanto uno dei primi 20 emettitori di CO2 al mondo, TotalEnergies era in parte responsabile dei danni causati alle sue aziende agricole da condizioni meteorologiche estreme.

Il database è stato lanciato nel 2013 dall'organizzazione di ricerca no-profit Climate Accountability Institute.

Combina i dati dichiarati dalle aziende sulla produzione di carbone, petrolio e gas con fonti quali l'Energy Information Administration degli Stati Uniti, le associazioni minerarie nazionali e altri dati di settore.