MILANO (MF-DJ)--Riposizionare Valentino come maison di couture, scommettere su valori capaci di permeare la cultura della società, mettere al centro il cliente nell'ottica di crescere in maniera solida. Sono questi gli elementi chiave della strategia messa a punto da Jacopo Venturini sin dal suo ritorno nel marchio di Mayhoola for investments con il ruolo di ceo. Un anno e tre mesi sono passati dall'ufficializzazione del nuovo incarico e Venturini, con l'attitudine pragmatica che lo caratterizza, ha preferito attendere dei risultati concreti prima di parlare. Target raggiunti nonostante la sfida complessa del Covid, che ha penalizzato Valentino, come tutte le aziende della moda nelcorso del 2020. Un fatturato ridotto del 27% a 882 milioni di euro.

Ma oggi si può guardare al futuro con nuova speranza. Nel corso del primo semestre del 2021, la società ha ripetutamente ribadito di non avere nessuna intenzione di quotarsi, ha messo a segno una crescita dei ricavi del 64% a cambi correnti per 574 milioni di euro sui 362 del 2020, risultato in pari con lo stesso periodo del 2019, anno in cui si sono raggiunte le migliori performance nella storia della maison, e la prospettiva è incoraggiante per la seconda metà dell'esercizio. Come ha spiegato a MFF lo stesso Venturini.

Quali sono stati i primi step del suo lavoro?

Siamo partiti da un forte statement. Valentino è la più consolidata maison di couture italiana con un grandissimo heritage. Il marchio doveva essere ri posizionato, dovevamo fare delle scelte, a partire dalla chiusura della Red per avere una sola label. Sono tornato in questa società per la terza volta con un direttore creativo, Pierpaolo Piccioli, che conosco da oltre 20 anni e con il quale c'è una grossa alchimia. Per me è stato un grande onore essere di nuovo qui, in questa posizione, con l'obiettivo condiviso con gli azionisti di implementare una strategia che ben avevamo in mente. Lei insiste spesso sulla parola «cultura».

Cosa significa per Valentino?

Le parole «maison» e «couture» aprono una serie di valori che dovrebbero permeare la cultura della società, per renderla più solida nella sua crescita. La parola maison è legata a un'idea di intimità che deve essere tradotta nei nostri negozi e nella relazione con il consumatore. Invece il termine couture non significa solo attenzione estrema ai dettagli e alla qualità del prodotto ma anche forte e personale relazione tra le première e i clienti. Client first.

Cosa vuol dire per lei?

Oggi va molto di moda direche una società è client centric ma penso che mettere l'uomo al centro dell'attenzione sia una realtà e non un semplice marketing tool. Per fare questo dobbiamo innanzitutto creare una cultura aziendale che sia colleague centric. Ovvero che ciascun dipendente sia un cliente dei colleghi. Perciò ho arruolato Rosa Santamaria Maurizio come chief human resources officer ed Enzo Quarenghi come chief client officer and digital acquisition, parte di una divisione che non esisteva in azienda.

Un altro aspetto su cui si insiste molto oggi è la customer experience...

Per me non inizia quando il cliente entra nel negozio. Questo è il secondo step. Il primo è quando il cliente entra in contatto con il brand e questo avviene spesso attraverso il digitale. Perciò ho chiesto di concepire la società come una società di intrattenimento, un aspetto ancora più importante per le aziende di moda dopo il Covid. Poi si passa al client journey, quando il consumatore arriva in store. Qui ho chiamato Marco Giacometti come chief commercial officer che ha avuto il compito di strutturare una task force trasversale per creare un viaggio che metta il cliente al centro della nostra attenzione.

Come si sono tradotte queste operazioni sui numeri del 2021?

Il primo semestre 2021 è statoarchiviato in crescita del 64% sul 2020 e flat sul 2019, prospettiva che si proietta verso la fine dell'anno, tenendo conto della volatilità del contesto. Questo risultato è stato trainato dall'e-commerce, passato dal pesare il 5% al 15% sul turnover tra 2019 e 2021, oltre che dal business di Medio oriente, Stati Uniti e Greater China. Mentre l'Europa è stata ancora in sofferenza anche se vediamo un miglioramento nella seconda metà dell'anno.

Quanto è importante per voi la Cina?

Abbiamo un forte potenziale di crescita se si pensa che nel 2018 e nel 2019 quest'area e Hong Kong avevano lo stesso peso sui ricavi di oggi. Siamo nettamente under exposed. Quindi puntiamo a essere presenti in città dove ancora non abbiamo negozi, ad esempio a Shenzhen nel 2022, Guanzhou e Wuhan nel 2023. La Cina è anche il mercato dove abbiamo scelto di lanciare il progetto Resignify, presentato a Shanghai in dicembre e che a ottobre approderà a Pechino.

Come è bilanciato il fatturato del primo semestre tra retail e wholesale?

È stato realizzato per il 55% attraverso il retail e per il 45% wholesale, ma il mio obiettivo è portare il retail a pesare per il 70% di qui a cinque anni. Vogliamo selezionare meglio i nostri partner e creare delle alleanze stimolanti. Nel retail vogliamo invece crescere in maniera molto accorta, focalizzandoci su Cina, Stati Uniti e Canada... Nel 2022, ad esempio, puntiamo su Miami e su una location in New Jersey.

E l'e-commerce?

È stato un driver importante di crescita. Abbiamo voluto anche qui mettere in primo piano l'aspetto umano, studiandof ormule come Valentino insights o Chez maison Valentino, che hanno avuto un ottimo impatto sui clienti che ora stanno il 55% di più su sito.

Come sono andate le categorie di prodotto?

Nel primo semestre gli accessori hanno performato megliodel ready to wear, che per noiresta però molto importante. Già nel secondo semestre abbiamo visto un'accelerazione anche per questo segmento.

Il menswear?

È in linea con le altre categorie e incide per il 20% sui ricavi. In passato c'è stata una grande crescita e ora siamo in un momento di consolidamento di visibilità, grazie anche al desiderio di Pierpaolo Piccioli di avere l'uomo presente negli show couture.

Sono in vista delle brand extension?

Abbiamo una licenza per gliocchiali con Luxottica e per il beauty con L'Oréal. Quest'ultima ha già superato le aspettative con il lancio della fragranza Voce viva. Ora vogliamo fare le cose passo dopo passo e questo è stato un anno di ripo-sizionamento.

Avete in programma altre collaborazioni come quella con Levis?

Si tratta di un progetto nato in maniera molto spontanea dal nostro ufficio stile. Fa parte di un processo di evoluzione del ready to wear verso una dimensione più daywear e quello che arriverà sarà guidato dalla medesima spinta di autenticità.

Come state affrontando il tema della sostenibilità?

C'è un aspetto che è sconosciuto ai più. Nel 2013 Valentino firmò un agreement con Greenpeace per eliminare tutti i prodotti chimici sulla supply chain e aderì allo Zero deforestation commitment. Non useremo più alpaca dal 2022 e stiamo cercando di impiegare la viscosa con meno danni possibili per il mercato. Da quest'anno c'è un nuovo packaging al 55% riciclabile. Da fine 2021 diremo stop all'uso di pellicce.

Investirete sulla supply chain italiana?

Tutta la nostra produzione è made in Italy, abbiamo diverse joint venture e abbiamo realizzato acquisizioni in passato. Ora siamo ben strutturati. Penso però che l'Italia abbia bisogno di creare un sistema e delle solide sinergie. Siamo infatti siamo membri di Cnmi, così come della Fhcm francese.

Cosa ha imparato dalla pandemia?

Ho iniziato da Valentino nel mezzo della pandemia e ho cercato di trasformare questo in un'opportunità, sfruttando i benefici del digitale e facendolo convivere con il fisico. Spero di aver trasmesso questo messaggio a tutti i team e che i risultati oggi siano tangibili.

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0908:30 set 2021

(END) Dow Jones Newswires

September 09, 2021 02:31 ET (06:31 GMT)